Ricevete ancora chiamate dai call center che per proporvi l’acquisto di beni o servizi vi inseguono sui telefoni fissi ma anche al cellulare? Se sì, magra consolazione: non siete soli ma in ottima e abbondante compagnia. Anche se stime precise non ci sono, sarebbero milioni gli italiani che ogni giorno ricevono almeno una chiamata.
E qui la domanda sorge spontanea: ma non esisteva un Registro pubblico delle opposizioni, come è stato chiamato quello strumento varato dal Ministero dell’Economia che avrebbe dovuto difendere gli italiani dalle chiamate indesiderate di telemarketing dei call center? Sì ma, di fatto e per vari motivi, non funziona come conferma il fatto che anche chi si è regolarmente iscritto continua a essere disturbato: secondo i dati diffusi lo scorso ottobre dal Garante per la Privacy, il 55% degli iscritti al Registro continua ad essere bersagliato dalle chiamate commerciali degli operatori per la vendita di beni e servizi. Insomma, un flop per un progetto che in realtà era nato con le migliori intenzioni: bastava registrarsi con i numeri di telefono da proteggere e nessuno ci avebbe più disturbato. In realtà non è andata propriamente così.
E dire che di modifiche ne sono state apportate al provvedimento: istituito con decreto del Presidente della Repubblica nel 2010 e oggetto di due ritocchi con altrettanti interventi normativi nel 2018 e nel 2022, il Registro pubblico delle opposizioni non riesce a decollare: sia perché ancora tanti italiani non si sono iscritti – l’ultimo dato, aggiornato al 20 giugno 2023 sul sito del Registro Pubblico delle Opposizioni, parla di 28 milioni di adesioni – e dunque implicitamente autorizzano le telefonate moleste, sia perché sviste normative e difficoltà del servizio non riescono a filtrare davvero le telefonate del call center più invasivi.
Ma dunque cosa si può fare? Bisogna rassegnarsi o c’è modo di difendersi? Claudio Micalizio ne parla con Emmanuela Bertucci, legale Aduc (l’associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori) che nella prima parte di questa puntata di Extra ci aiuterà a capire come le società che gestiscono i call center riescano ancora ad aggirare le regole e quali strategie siano state messe in campo sinora per punire gli abusi.
Nella seconda parte, invece, torneremo sulla vicenda dei pensionati italiani che vivono in Bulgaria e che improvvisamente si sono visti ridurre la pensione perché, oltre a pagare le tasse al governo di Sofia, dovranno pagare anche quelle italiane: un cambio in corsa delle regole (in vigore da decenni in virtù di accordi bilaterali) che non è stato condiviso preventivamente ma che, soprattutto, non è stato anticipato da una decisione politica, come invece previsto dalle norme. Con Luigi Monaco, avvocato del Comitato Pensionati Italiani residenti in Bulgaria, faremo il punto sul caso ma soprattutto racconteremo i prossimi passi della loro battaglia.