Se il gioco d’azzardo, un tempo, poteva essere relegato solo a determinati ambiti della malavita organizzata che lo gestivano in contesti illegali (avete presente le bische cladestine, spesso raccontate nei film?) o nei casinò, da quando lo Stato italiano ha iniziato a regolamentarlo con l’intento di farlo emergere dall’oscurità e sottrarlo così almeno in parte al controllo della criminalità organizzata, il fenomeno è in forte crescita e davanti agli occhi di tutti.
Non solo negli ultimi decenni centri scommesse e sale gioco sono aumentate sensibilmente ma a preoccupare gli esperti, oggi, sono soprattutto tabaccherie e bar, luoghi sempre più muniti di apparecchi ove poter giocare anche solo poche monete ogni giorno; e sono proprio queste occasioni “non protette”, aperte cioè al passaggio di chiunque, a rappresentare la porta di accesso immediato verso tendenze distruttive come la ludopatia, cioè la dipendenza da gioco d’azzardo.
Da un punto di vista strettamente legale, però, nulla è cambiato. In punta di diritto, cioè secondo quanto stabilito dalla normativa che elenca i giochi vietati, nel nostro paese il gioco d’azzardo resta proibito sia nei luoghi pubblici che privati: è permesso giocare d’azzardo solo nelle strutture autorizzate, come i casinò, e sulle navi da crociera che operano al di fuori del Mediterraneo.
Nel corso del tempo, però, alcuni giochi con premi in denaro sono stati via via legalizzati, anche se sarebbe meglio dire che si è astutamente provveduto a “normalizzarli”. In principio c’erano il Lotto, il Superenalotto e l’Eurojackpot nonché i giochi sportivi come il Totocalcio e le scommesse a quota fissa, che oggi non riguardano soltanto gli eventi agonistici ma anche alcune manifestazioni di intrattenimento come il Festival di Sanremo o i reality show; poi nei locali arrivarono le cosiddette slot machine (i newslot e VLT), i giochi di abilità a distanza come il backgammon, i giochi di sorte come la roulette, il poker cash, le lotterie e il bingo, sia online che in presenza: nonostante le evidenti analogie, giochi di questo tipo non costituiscono, secondo la legge italiana, gioco d’azzardo e sono definiti semplicemente “giochi con vincite in denaro“.
Giri di parole che non cambiano però la sostanza e che, di fatto, hanno favorito la diffusione del settore ma anche le ripercussioni negative per la salute pubblica: con il cosiddetto “gioco d’azzardo legale”, lo stato italiano arriva a ricavare oltre 160 miliardi di euro all’anno (il 4% del Pil nazionale), andando a lucrare sulle debolezze altrui ma cercando, al contempo, di “mitigare” il tutto attraverso campagne di sensibilizzazione atte ad informare i cittadini sui rischi derivanti dal gioco e dalla grave dipendenza che questo può provocare. Un po’ come accade con le sigarette: obbliga i produttori a scrivere sui pacchetti quanto il fumo sia letale ma intanto incassa miliardi attraverso i monopoli.
L’azzardopatia è una piaga che oggi è persino difficile misurare: se alcune stime parlano di quasi un milione e mezzo di ludopatici e ipotizzano che il 55% dei giocatori, anche occasionali, si trovino in condizioni di difficoltà economica, gli esperti denunciano che il fenomeno potrebbe essere molto sottostimato e, soprattutto, che non risponde a classificazioni sociali predefinite perché tutti possono scoprirsi, a sopresa, giocatori compulsivi.
I dati dell’Isituto Superiore di Sanità però negli ultimi tempi hanno evidenziato un trend allarmante: ad essere particolarmente fragili e vulnerabili sono sempre più spesso anche i giovani, già ben avviati nel mondo dell’azzardo nonostante i divieti se è vero che il 29% dei ragazzi gioca regolarmente d’azzardo, mentre il 6,5% di questi sono a rischio patologico.
Sinora, però, nessuno ha tentato di stimare quali conseguenze abbia sul piano sociale ed economico questa vera e propria epidemia che da anni preoccupa i medici e quei rappresentanti della società civile che chiedono alle istituzioni interventi più efficaci per arrestare la diffusione della ludopatia: le famiglie sono le prime ad accorgersi del problema e a chiedere aiuto, tanto che le Aziende sanitarie locali ormai hanno creato al proprio interno vere e proprie strutture organizzate per gestire gli effetti di questa vera e propria dipendenza.
In molti casi sono state lanciate anche vere e proprie campagne di sensibilizzazione: l’Asl Roma 3, per esempio, ha recentemente rilanciato ‘Quando il gioco non è più un gioco’, il progetto di prevenzione, cura e riabilitazione del disturbo da gioco d’azzardo promosso dalla UOC Salute Dipendenze dell’azienda sanitaria romana che offre servizi e prestazioni nelle sedi di Via Vaiano 53 a Roma, di Via Tagaste 2/4 ad Ostia e di via delle Ombrine 9 a Fiumicino (per informazioni: gioco.azzardo@aslroma.3.it). In questa puntata di Extra, il programma di approfondimento in onda tutti i giorni su Radio Roma News con Claudio Micalizio, ne parliamo insieme al dottor Alessandro Gisondi, coordinatore per l’area romana del progetto contro il Disturbo da Gioco d’azzardo di AslRM3.