Non è una questione di soldi, perché nessun risarcimento colmerà mai il dolore per la perdita di un figlio o di una persona amata. Ma una questione di principio, quella sì. E in fondo anche un segnale di attenzione, un piccolo gesto con cui uno Stato ammette di non aver potuto adempiere ad un dovere che in fondo compete alle istituzioni: quello di fare di tutto per proteggere i propri cittadini.
In fondo le famiglie che hanno perso un congiunto nel drammatico terremoto del 2016, nel centro Italia, vorrebbero solo essere considerate dalle istituzioni che invece sembrano sorde alle loro richieste di attenzione. E così, dopo aver sollecitato l’intervento degli ultimi governi (nell’ordine gli esecutivi guidati da Conte, Draghi e in tempi più recenti anche Meloni) e aver prestato attenzione anche al consueto carosello di politici che ad ogni ricorrenza hanno promesso l’impegno risolutivo, ora hanno deciso di presentare denuncia alla Corte Europea per inadempienza ai sensi della Convenzione di Roma del 1950, in materia dei diritti dell’uomo.
A livello mediatico la protesta dei famigliari delle 299 vittime è incarnata dal coraggio e dalla determinazione di Mario Sanna, diventato suo malgrado simbolo di questa mobiltazione. In quel terribile evento sismico di 8 anni fa, la famiglia Sanna ha perso per sempre il sorriso del giovane Filippo, che aveva solo 22 anni: per rafforzare la sua lotta, lo scorso autunno, nell’autunno 2023 l’uomo ha persino intrapreso uno sciopero della fame durato 44 giorni, senza però ottenere il riscontro sperato dal Parlamento.
E così, dopo aver esplorato ogni via possibile per far capire ai politici e al Commissario alla ricostruzione, con leggi alla mano, che lo Stato avrebbe dovuto sostenere i familiari delle vittime, alla fine Mario Sanna e comitato hanno deciso di denunciare l’Italia alla Corte Europea di Giustizia a Strasburgo per inadempienza rispetto alla Convenzione di Roma del 1950 sui diritti dell’uomo. Numerosi i messaggi di solidarietà sia dall’Italia che dall’estero: la speranza è, ora, che la Corte Europea possa sanzionare l’Italia per non aver adempiuto correttamente ai propri doveri verso i cittadini. Le aspettative sono alte, poiché ci sono numerose sentenze precedenti della stessa Corte in favore delle vittime di calamità naturali. E del resto non è la prima volta che l’Italia, con un provvedimento varato dalle proprie istituzioni, riconosce il diritto ad un risarcimento come accaduto recentemente per le vittime dell’incidente ferroviario di Viareggio o per la tragedia di Rigopiano in Abruzzo.
Ad Amatrice, intanto, i lavori di ricostruzione avanzano lentamente: il centro storico è ancora deserto e le frazioni sono ancora ingombre di macerie. Ma ancora più pesanti sono le macerie emotive che soffocano le speranze di poter tornare a vivere degli abitanti. E per chi nella tragedia non ha perso soltanto una casa o beni materiali, lo strazio è ancora peggiore. E’ stato lo stesso Mario Sanna, tempo fa, a sottolineare l’assurdità della situazione: «È paradossale che i proprietari delle abitazioni distrutte stiano ricevendo risarcimenti. Noi eravamo in affitto, ma per le famiglie delle vittime non è stato previsto nulla». In un recente incontro a Roma, il commissario alla ricostruzione Guido Castelli aveva assicurato di aver inoltrato tutti i documenti ma la forza di aspettare che qualcosa cambi sta venendo meno, così come la fiducia nelle istituzioni italiane.
In questa puntata di Extra, con Claudio Micalizio torniamo a fare il punto sulla protesta di Amatrice proprio con Mario Sanna, simbolo vivente della mobilitazione per avere giustizia.