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Annegamenti, in Italia 400 morti e 60mila salvataggi. Gli esperti: “Mare o piscina, il destino non c’entra” – Extra – Martedì 9 luglio 2024

Cambiano i numeri e le dinamiche ma il fenomeno è analogo ad altre emergenze sociali che interessano il nostro paese: incidenti stradali e incidenti sul lavoro. Secondo le stime ogni anno in Italia muoiono per annegamento circa 400 persone e almeno 800 finiscono ricoverate all’ospedale, mentre sono circa 60.000 i salvataggi sulle spiagge e oltre 600.000 gli interventi di prevenzione effettuati dai bagnini.

I dati sono diffusi dall’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti e degli incidenti in acque di balneazione, diffuso dall’Istituto Superiore di Sanità in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione dell’annegamento, e fotografano un fenomeno di proporzioni significative ma di cui poco si parla: una dinamica simile a quella che, in passato, interessava anche la piaga degli incidenti stradali (oltre 3mila vittime e centinaia di migliaia di feriti ogni anno) e delle morti sul lavoro (oltre 1.200 decessi ogni anno e parecchie decine di migliaia di lavoratori che riportano lesioni gravissime e talvolta persino permanenti), due settori in cui il nostro paese vanta da anni un primato negativo a livello europeo e sui quali si sta cercando di diffondere un’adeguata cultura di sicurezza e prevenzione.

Il fenomeno degli annegamenti è di minore rilevanza ma il dato statistico conferma che ogni anno la media degli incidenti non si abbassa, proprio come capita negli altri due settori su cui da anni le istituzioni invitano a maggior attenzione. Il rapporto  dell’Iss si focalizza principalmente sugli annegamenti lungo i litorali marittimi, che in un paese con oltre 8mila km di coste può sembrare un pericolo per certi versi fisiologico e, infatti, la gran parte degli episodi avviene proprio lungo le spiagge italiane. Ma a preoccupare sono anche gli incidenti che avvengono nelle acque interne come fiumi, laghi, torrenti, canali e bacini artificiali: tra il 2016 e il 2021, in queste aree si sono verificati in media 78 decessi all’anno, un numero elevato considerando la limitata frequentazione di tali luoghi. Nel periodo analizzato, in media ogni anno ci sono stati 26 annegamenti di persone che non sapevano nuotare, di cui il 62% erano immigrati e altrettanti dovuti a correnti di ritorno. Gli annegamenti improvvisi, causati da malori, sono stati in media 58 per stagione balneare, circa 5 legati ad attività sportive e poco meno per cadute in acqua accidentali.

Gli autori del rapporto sottolineano l’importanza di un Piano Nazionale per la Sicurezza delle Spiagge, come raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E se negli ultimi anni c’è stata un leggera flessione (secondo l’Istat dal 2003 al 2020 si sono registrati 6.994 decessi per annegamento, con una media annua di 389, scesa a 342 negli ultimi otto anni) la sfida per le istituzioni è provare a ridurre questi numeri con un approccio di tipo culturale: per gli esperti, infatti, le morti per annegamento non sono fatalità inevitabili, ma una vera e propria “malattia sociale”.

Il punto di partenza sono le statistiche, che però vanno lette con attenzione e approfondite: per esempio individuando le cause degli annegamenti, i luoghi e le condizioni che li determinano, e promuovendo azioni di prevenzione basate su queste informazioni. E non mancano dati soprendenti e allarmanti: i bambini e gli adolescenti per esempio sono particolarmente a rischio di annegamento (il 47% ha meno di 15 anni) e questo accade per diverse ragioni, tra cui il rapporto sfavorevole tra testa e corpo, la tendenza a gattonare in acqua e a non chiedere aiuto; più in generale sono i maschi a rimanere più spesso vittima di incidenti (oltre l‘80% dei casi) mentre i casi di annegamento in piscina sono mediamente una quarantina ogni anno e coinvolgono soprattutto minori. Cambiano i target e le circostanze ma molti incidenti sono accomunati da cause simili: la scarsa capacità di nuoto, la mancata conoscenza delle regole di sicurezza, la sottovalutazione dei rischi e poi la  mancata supervisione e l’assenza di barriere e allarmi.

In questa puntata di Extra, affrontiamo il femomeno partendo da una serie di episodi di cronaca che nelle ultime settimane hanno coinvolto il litorale romano: ospite di Claudio Micalizio, interviene Alessandro Maietto, coordinatore del Coordinamento Protezione Civile Arci Lazio

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