La speranza per le vittime del Superbonus potrebbe arrivare dall’Europa. Mentre in Italia la politica fa di tutto per non assumersi le proprie responsabilità, una possibile soluzione per le migliaia di famiglie e di imprese rimaste impantanate in un mare di debiti dopo la decisione del Governo di sospendere il provvedimento, senza preoccuparsi delle conseguenze per chi vi aveva già aderito, potrebbe arrivare da una serie di tavoli tecnici che nelle ultime settimane hanno iniziato ad esaminare lo spinoso dossier.
La vicenda è nota: il cosiddetto Superbonus 110% venne introdotto nel 2020 dal Governo Conte per rilanciare l’economia italiana dopo le pesanti ripercussioni del Covid e soprattutto dei lockdown imposti dalle autorità sanitarie nel tentativo di arginare la diffusione del virus. La misura di incentivazione edilizia prevedeva una serie di agevolazioni fiscali, detrazioni e rimborsi per interventi edilizi mirati a migliorare l’efficienza energetica delle costruzioni e delle infrastrutture, con l’obiettivo di rilanciare il settore edile colpito dalla crisi economica causata dalla pandemia.
Nelle intenzioni e sulla carta un’ottima idea anche perché capace in qualche modo di anticipare le indicazioni che in tempi più recenti l’Europa avrebbe varato per tutti gli Stati membri sulla scia delle iniziative messe in cantiere per migliorare l’efficientamento energetico per case e immobili così da ridurre le emissioni inquinanti. Ma la misura introdotta dal Governo Conte è ben presto finita nel mirino della politica, che l’ha messa sotto accusa al pari di un’altra iniziativa politica varata ancora prima della pandemia e sempre dal Movimento 5 Stelle: il reddito di cittadinanza. Se quest’ultimo era diventantato, nella narrazione politica di alcuni partiti, una sorta di incentivo elargito a favore di fannulloni che stavano sul divano a vegetare invece di cercarsi un lavoro, il Superbonus veniva criticato perché annunciato dall’esecutivo dell’epoca come uno strumento che permetteva di ristrutturare gli edifici “senza spendere un euro” mentre in realtà i costi, attraverso il meccanismo fiscale, venivano scaricati sulla collettività.
Come spesso accade le polemiche e la cassa di amplificazione dei media hanno ben presto contribuito ad alimentare una certa confusione sul provvedimento, rendendo impossibile per l’opinione pubblica farsi un’idea sull’impatto economico che l’iniziativa aveva realmente avuto: nonostante abbia generato un impatto economico significativo, la misura del superbonus è stata criticata per i suoi effetti distorsivi sull’economia e per i modesti risultati nella riduzione delle emissioni di CO2.
Anche se criticata da Mario Draghi e dal ministro dell’economia Daniele Franco, il provvedimento non è mai stato abrogato e ha comportato un costo per lo Stato di circa 86 miliardi di euro entro maggio 2023. Ma ad un certo punto anche le cifre e i pareri tecnici hanno iniziato a moltiplicarsi dando letture spesso divergenti sull’impatto dell’incentiv: se la Corte dei Conti ha bocciato il Superbonus nel giugno 2022 per i suoi effetti sul libero mercato, uno studio della società di consulenza Nomisma contemporaneamente aveva evidenziato come il Superbonus avesse favorito principalmente la fascia più ricca della popolazione favorendo un trasferimento ingiusto di risorse dai cittadini più poveri a quelli più ricchi. Dal punto di vista dell’efficienza energetica, lo studio aveva rilevato risultati giudicati deludenti, con una riqualificazione inferiore al 0,5% del patrimonio residenziale, anche per la complessità burocratica di aderire alla misura e per i tempi lunghi di allestimento dei cantieri e di esecuzione dei lavori.
Tuttavia, sono stati evidenziati alcuni benefici, come il risparmio medio annuo in bolletta per famiglia e l’impatto positivo sull’economia nazionale. Aggiornamenti successivi dello studio hanno confermato i benefici economici e occupazionali della misura, anche se sono stati sollevati dubbi sulla sua sostenibilità a lungo termine. In termini di transizione ecologica, il rapporto costi/benefici del Superbonus è stato considerato positivo rispetto ad altri settori come l’industria e i trasporti. Per ogni voce, però, c’erano altre stime e indagini tecniche che riuscivano a stimare risultati diametralmente opposti e questa guerra di perizie ha finito per disorientare l’opinione pubblica.
Nel frattempo la Governo è arrivata Giorgia Meloni sostenuta da una colazione di centrodestra che, dopo aver promesso l’abolizione del Superbonus per tutta la campagna elettorale, ha deciso di dare attuazione agli annunci e così, tra i primissimi provvedimenti della legislatura, il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha decretato lo stop alla misura motivandolo con la necessità di contenerne l’impatto sui conti pubblici del paese. Una presa di posizione, quella dell’esponente leghista, che in realtà avrebbe contraddetto il parere dei tecnici del ministero delle Finanze (che in almeno due occasioni hanno affidato ad un comunicato stampa ufficiale una valutazione positiva sugli effetti del provvedimento per l’economia nazionale) e le sensibilità degli alleati: se la premier in campagna elettorale aveva addirittura espresso solidarietà e promesse alle famiglie e alle imprese coinvolte dal superbonus e spaventate all’idea che la misura venisse revocata, Forza Italia ha cercato fino all’ultimo di introdurre dei correttivi per evitare che a pagare le conseguenze di questa battaglia elettorale fossero coloro che avevano deciso di aderire al Superbonus fidandosi di una legge dello Stato.
Ora sono migliaia le persone che rischiano di perdere la casa o di venire travolte dai debiti se il Governo, dopo aver sospeso il Superbonus, non troverà un modo per sbloccare le decine di milioni di euro di crediti fiscali maturati dalle aziende e in attesa di essere nuovamente riconosciuti dallo Stato. Ma per ora da Roma non sembrano arrivare aperture in tal senso, nonostante ci sia il rischio sempre più concreto per i soggetti coinvolti di ritrovarsi in ginocchio con gravi ripercussioni sul piano economico e legale per tutto il paese.
Una speranza, però, sembra arrivare da Bruxelles dove nelle ultime settimane si sono succeduti incontri e tavoli tecnici alla presenza di europarlamentari, esponenti della commissione europea e delle banche, rappresentanti delle famiglie e delle imprese rimaste imprigionate dall’improvvisa decisione di sospendere il meccanismo voluta dal ministro leghista. L’utimo incontro poche ore fa: nel corso di un evento promosso dal Centre Européen des Recherches Socio-économiques, Technologiques et Environnementales in collaborazione con Federazione Nazionale delle Progettazioni Costruzioni e Infrastrutture C.N.L., un gruppo di esperti provenienti da vari settori hanno spiegato che il credito fiscale, anziché essere considerato solo un mezzo per squilibrare il bilancio dello stato, potrebbe diventare un motore per l’economia se regolamentato da norme comuni a livello europeo.
L’idea è, in sostanza, quella di mutuare l’esperienza intrapresa con successesso dagli Stati Uniti che con norme chiare e molto semplici permetterebbe di favorire anche in Europa il mercato dei crediti fiscali. In questa puntata di Extra, Claudio Micalizio torna a fare il punto sul dossier Superbonus con Domenico Passarella, vicepresidente della Federazione Nazionale delle Progettazioni Costruzioni e Infrastrutture C.N.L..