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Happy Days, 50 anni e non sentirli: quale è il segreto di questa serie cult? – Extra – Lunedì 22 gennaio 2024

“Sunday, Monday, happy days; Tuesday, Wednesday, happy days; Thursday, Friday, happy days; The weekend comes My cycle hums Ready to race to you…” 

Diciamo la verità: chi di noi, almeno una volta nella vita, non si è ritrovato a canticchiare queste parole, che sono l’incipit iconico di una sigla iconica per un telefilm iconico che davvero è scolpito nella memoria collettiva di milioni di telespettatori in tutto il mondo? La canzone apriva ogni episodio di Happy Days e ha contributo inevitabilmente al mito di una serie che per anni ha incollato davanti al teleschermo tanti appassionati e che ancora oggi, a distanza ormai di oltre mezzo secolo, continuano a seguirla.

Cinquant’anni, un traguardo che non è scontato nell’industria televisiva e cinematografica abituata a sfornare star e meteore da sfruttare finchè il gradimento del pubblico garantisce ascolti e soldi. E mai come in questo caso i riferimenti alla storia non fanno parte di quel repertorio di frasi fatte di cui spesso l’informazione abusa solo per enfatizzare una notizia. In questo caso non solo certe espressioni sono appropriate ma addirittura diventano inevitabili per poter descrivere appieno il successo di un prodotto costruito a tavolino proprio per durare a lungo.

Tutto inizia il 15 gennaio 1974 negli Stati Uniti: sulla rete ABC debuttò “Happy Days”, una delle sitcom più iconiche della storia della televisione, che è durata 11 stagioni (dal gennaio 1974 al 24 settembre 1984) per un totale di 255 episodi. Creata da Garry Marshall, la serie offre un viaggio nostalgico nel tempo ambientato in una Milwaukee idealizzata degli anni ’50 e ’60, con tanto di humor, buoni sentimenti e colori pastello. Il cast includeva attori come Ron Howard, Henry Winkler, Marion Ross, Tom Bosley, Erin Moran, Anson Williams e Don Most.

La trama ruota attorno alla famiglia Cunningham, presentata come una famiglia serena e unita, dove i conflitti si risolvono entro la fine di ogni episodio. Il personaggio di spicco è Fonzie, interpretato da Henry Winkler, un ribelle con giacca di pelle e ciuffo alla Elvis, diventato un idolo popolare con il suo atteggiamento cool e i celebri “Hey” a pollice alzato, magari proniunciati a cavalcioni dell’altrettanto iconica motocicletta “da duro”. La serie ha avuto successo fin dal debutto, crescendo costantemente e diventando un fenomeno mondiale tanto che Garry Marshall, creatore della serie, ha avuto modo in passato di descrivere “Happy Days” come la quintessenza del successo televisivo.

I numeri del resto ben descrivono tutti i record inanellati: trasmessa in decine e decine di stati nel mondo, la sit-com ha conquistato centinaia di milioni di telespettatori e – circostanza tutt’altro che scontata – continua a stregare nuovi appassionati, andandoli a pescare anche tra le nuove generazioni. E non solo perché il telefilm continua a essere programmato in tv ma perché, complici le piattaforme digitali, in molti vi si imbattono e se appena vincono la diffidenza verso un prodotto che per ragioni tecniche e artistiche denuncia inevitabilmente i suoi anni, ne vengono stregati.

Proprio come succedeva negli anni ’70 e ’80, quando erano i palinsesti televisivi a scandire le giornate dei fans di Fonzie e dei suoi amici: nonostante mostrasse una visione idilliaca e parziale degli anni, ha permesso agli spettatori di sognare ogni settimana immedesimandosi talvolta nelle vicende trattate, spesso comiche ma talvolta anche drammatiche e fortemente intrise di temi di attualità che in quell’epoca facevano ancora discutere.

Ma, allora, dove nasce il successo di Happy Days? In questa puntata di Extra Claudio Micalizio ne parla con Giuseppe Ganelli, il più grande collezionista al mondo di memorabilia e grande esperto della serie americana, e con Emilio Targia, giornalista e scrittore: insieme hanno appena pubblicato un libro, “La nostra storia. Tutto il mondo di Happy Days”, che per la prima volta prova a spiegare il segreto di questa sit-com insieme a tanti documenti esclusivi e materiale fotografico imperdibile. Da segnalare che il libro propone anche due testimonianze “doc”: quella di Henry Winkler, il celebre Fonzie autore della Prefazione, e quella di Max Pezzali, cantante e autore che fu un grandissimo estimatore della serie e che per l’occasione ha scritto la postfazione.

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