E’ uno dei punti più controversi della discussa riforma della Giustizia che il Governo di Giorgia Meloni vorrebbe concludere in tempi rapidi: ma sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio, reato che riguarda molti ambiti della pubblica amministrazione, non sono soltanto le opposizioni a polemizzare ma c’è da registrare un primo giudizio negativo da parte della Commissione Europea.
Il reato di abuso d’ufficio, in vigore in Italia dagli anni Trenta e codificato dall’articolo 323 del codice penale, punisce coloro che, sfruttando la propria posizione pubblica, cercano di trarre vantaggio personale o di danneggiare altri. Tale disposizione si applica a vari funzionari, inclusi sindaci e amministratori, e prevede una pena di reclusione da uno a quattro anni per i colpevoli.
L’articolo stabilisce che il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, violando specifiche regole di condotta previste dalla legge, intenzionalmente procuri vantaggi patrimoniali ingiusti a sé o ad altri, o arrechi danni ingiusti a terzi. Gli ambiti in cui questa fattispecie di reato può maturare sono molteplici: si va dal comandante dei vigili urbani che cancella la multa dell’amico al commissario che anticipa le risposte del test di selezione al concorso pubblico; dalla pratica edile agevolata dall’ufficio tecnico al dirigente comunale che assume la propria figlia.
La pena può aumentare in presenza di vantaggi o danni di rilevante gravità. La funzione principale di questo reato è impedire agli amministratori di abusare dei loro poteri per migliorare le proprie condizioni economiche, favorire amici o parenti, o danneggiare terzi, come rivali politici. La formulazione ampia e poco definita consente alle autorità di avviare indagini più facilmente rispetto ad altri reati più gravi, facilitando così la scoperta di violazioni altrimenti non segnalate e di reati più gravi che potrebbero passare inosservati.
Tuttavia, queste caratteristiche hanno suscitato critiche soprattutto da parte dei funzionari pubblici, che ritengono che l’ampia possibilità di aprire indagini su decisioni anche banali a discrezione del magistrato possa causare eccessi burocratici, rallentando la pubblica amministrazione e esponendoli a procedimenti giudiziari frequenti. Ed è per questo motivo che sempre più spesso gli amministratori locali preferiscono non firmare delibere o autorizzare progetti, con il risultato quindi di rallentare l’attività degli enti e delle istituzioni.
E proprio da qui parte la maggioranza di centro destra per ribadire la necessità di abrograre il reato di abuso d’ufficio: per il ministro Nordio la cancellazione della norma permetterà di rilanciare l’economia mentre restano fortemente contrari il PD, il M5S e l’Avs che temono un aumento di soprusi e ingiustizie a danno dei cittadini perbene. Alcuni membri della Commissione Giustizia del Senato, come il capogruppo del PD Alfredo Bazoli, criticano la proposta di abolizione, definendola “norma totalmente strumentale e ideologica”. Bazoli prevede che, nel momento in cui verrà approvata una direttiva europea sull’abuso d’ufficio, sarà necessario reintrodurre il reato in Italia per evitare di andare contro l’Europa.
Attualmente, il reato di abuso d’ufficio è disciplinato dall’articolo 323 del codice penale, modificato dalla legge 234 del 1997 e successivamente nel 2020 con il “decreto semplificazioni”. L’abuso d’ufficio è punito con una pena che va da uno a quattro anni di reclusione. La discussione sull’abuso d’ufficio è stata oggetto di riforme nel corso degli anni, con l’ultima effettuata nel 2020 dal governo Conte II. Alcuni autorevoli giuristi sostengono che l’abolizione del reato comporterebbe anche l’annullamento delle 3.623 condanne definitive maturate negli ultimi 25 anni. Attualmente, un sindaco condannato per abuso d’ufficio in primo grado è obbligato a lasciare l’incarico immediatamente, senza attendere l’esito del processo.
Ma a pochi giorni dall’approvazione in Senato dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio, un parere sfavorevole arriva: il portavoce della Commissione europea, Christian Wigand, ha espresso preoccupazioni durante la conferenza stampa giornaliera dell’esecutivo dell’Unione europea dichiarando che a suo parere “tali modifiche potrebbero depenalizzare forme significative di corruzione e compromettere la capacità di rilevare efficacemente casi di corruzione”.
Ma un reato simile esiste anche negli ordinamenti di altri paesi europei? Secondo un’indagine condotta proprio da Bruxelles, il realto di abuso d’ufficio è contemplato in 25 Paesi membri su 27: nonostante il diritto penale sia di competenza nazionale, il trattato di Lisbona ha conferito all’Unione europea una competenza accessoria, consentendo al Parlamento Europeo e al Consiglio di stabilire “norme minime” relative ai reati legati alle forme gravi di criminalità transfrontaliera.
Ma quindi la cancellazione dell’abuso d’ufficio è utile contro la minaccia della corruzione? E come evitare che la burocrazia e il rischio di indagini penali rallenti l’operato di amministratori e funzionari pubblici? In questa puntata di Extra, Claudio Micalizio ne parla con Sabato Simonetti, presidente dell’Associazione Nazionale Quadri delle Amministrazioni Pubbliche