Non solo Roma con Elisa Mariani – Puntata di Giovedì 30 Novembre 2023
Expo 2030, delusione per la Capitale: continuano le polemiche. Santori: “Per fortuna c’è il Vaticano o Roma avrebbe perso anche il Giubileo”
Ospite in collegamento Fabrizio Santori, Capogruppo della Lega in Campidoglio
A tre giorni dall’amaro risultato sulla candidatura della Capitale per Expo 2030 (che si è classificata terza nella votazione), non si spengono le polemiche e l’argomento continua a tenere banco tra le fila del mondo politico e istituzionale.
C’è chi dà la colpa all’amministrazione capitolina per i pochi investimenti, chi ai problemi strutturali di Roma (trasporti, infrastrutture, servizi, rifiuti), chi in fondo se lo aspettava e chi invece spinge a guardare avanti con ottimismo accentando la sconfitta con sportività.
Fabrizio Santori, capogruppo della Lega in Campidoglio, è categorico: “Per fortuna c’è il Vaticano, altrimenti la Capitale avrebbe perso anche il Giubileo, visti i gravissimi ritardi sulle opere da realizzare. Sono mancate la partecipazione e la condivisione dell’evento e delle sue prospettive con il tessuto sociale, economico e culturale del territorio. Lo scaricabarile avrà anche fondamento, ma la realtà è che la Capitale è impreparata ad affrontare grandi eventi internazionali e i nostri giovani hanno sempre meno prospettive”.
Insomma un’occasione importante persa, che va chiaramente a ripercuotersi su più fronti: “Abbiamo perso una chance importante già con le Olimpiadi, ora almeno ci abbiamo provato – ha continuato Santori – ma è andata male. Roma è una città con un grande potenziale ma non è ancora all’avanguardia e questo ci ha penalizzato. Poi, molto si potrebbe dire sulle nostre vicine europee che ci hanno voltato le spalle all’ultimo minuto: anche qui sarebbe necessari aprire un dibattito o comunque ricevere delle spiegazioni”,
Dunque ora, si punta tutto sul Giubileo: “Parliamo di un evento molto importante per la nostra città – ha concluso – ma porterà un flusso turistico diverso, incentrato sull’aspetto religioso. Expo 2030 ci garantiva una visibilità dal punto di vista industriale e avanguardistico. Ma siamo sicuri che con l’Anno Santo molto si possa fare”.
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Intelligenza artificiale, nostra alleata o pericolo? Come sfruttarla al meglio e non subire i suoi effetti
Ospite in collegamento Michele Laurelli, docente di Informatica e Intelligenza Artificiale e CEO di Algoretico
Due teste sono meglio di una. È l’approccio di molte aziende all’integrazione dell’Intelligenza Artificiale nel proprio contesto lavorativo. Lo rivela IBM nel suo Global AI Adoption Index 2022, il report che getta luce sulla marcia trionfale dell’Intelligenza Artificiale nel mondo degli affari.
Il 77% delle aziende a livello mondiale si sta immergendo con fervore nel vasto panorama dell’IA, con un 35% che ha già adottato le ultime innovazioni, mentre un promettente 42% sta esplorando il suo potenziale per future implementazioni.
Eppure, restano ancora tanti dubbi sull’applicazione dell’AI, soprattutto rispetto al potenziale impatto sul lavoro umano. Qual è, dunque, la chiave per capitalizzare appieno le opportunità offerte da questa evoluzione tecnologica?
“L’AI sta trasformando il modo in cui le aziende operano, decidono e innovano. In questo scenario, la formazione dei manager diventa cruciale per garantire che le aziende non solo sopravvivano ma prosperino”, afferma Michele Laurelli docente di Informatica e Intelligenza Artificiale e CEO di Algoretico.
“L’importanza dell’Intelligenza Artificiale nella formazione aziendale non può essere sottovalutata. Non è solo una questione di comprendere le nuove tecnologie, ma di saperle integrare nelle strategie aziendali. I manager dotati di competenze in AI sono in grado di identificare nuove opportunità, ottimizzare i processi e guidare la trasformazione digitale all’interno delle loro organizzazioni. Nel mondo del business, l’innovazione non è solo una parola d’ordine, è una necessaria evoluzione e l’Intelligenza Artificiale è il fulcro su cui questa evoluzione ruota”.
Acquisire competenze mirate si configura come la strategia chiave per integrare in modo consapevole e proficuo questa nuova tecnologia in ambito lavorativo:
“L’AI è il futuro del business, investire in formazione e rimanere proattivi sono mosse strategiche per le aziende che desiderano essere all’avanguardia – spiega Laurelli – i manager dotati di competenze in AI sviluppano una mentalità data-driven, acquisiscono la capacità di lavorare a fianco delle macchine intelligenti e di comprendere i principi etici che governano l’uso di questa tecnologia. Possono quindi guidare la trasformazione digitale, ottimizzare i processi e sfruttare i dati per prendere decisioni, preparando così le loro aziende ad essere i leader di domani”.
I cambiamenti nelle attuali dinamiche lavorative stanno creando le premesse per la nascita di nuove professioni, soprattutto nel vasto campo della tecnologia, come conferma anche l’ultimo rapporto sul futuro dell’occupazione del World Economic Forum: entro il 2027 si prevede un notevole incremento del 40% degli specialisti in intelligenza artificiale, e una crescente richiesta di figure professionali come specialisti di big data e analisti di sicurezza delle informazioni, con la prospettiva di 2,6 milioni di nuovi posti di lavoro solo nel settore informatico.
Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano artisti e poeti
Ospite in collegamento Cinzia Giorgio, direttrice di “Pink Magazine Italia”
Una volta visitati i monumenti e i luoghi più noti di Roma, si scopre che la Città Eterna non è solo il Colosseo e San Pietro, i Fori imperiali, Piazza di Spagna e il Laterano. Esiste una città sotterranea semisconosciuta e altre mete sottovalutate, perché forse troppo inconsuete. E se vi proponessero di andare a visitare un cimitero, probabilmente guardereste il vostro interlocutore con un misto di perplessità e incredulità.
Parliamo del Cimitero Acattolico di Roma e per visitarlo bisogna recarsi nello storico quartiere di Testaccio, vicino alla Porta Ostiense e alla Piramide di Caio Cestio, che domina la parte più antica dell’area cimiteriale. La stessa Piramide è uno spettacolare edificio sepolcrale che supera i 36 metri e interamente rivestito da lastre marmoree. La cui caratteristica forma è espressione di quella “moda egizia” che si diffonde a Roma all’indomani della conquista dell’Egitto nel 30 a.C. Incorporata poi nelle mura aureliane, fu edificata in 330 giorni in memoria del pretore e tribuno Caio Cestio Epulo. Il cui nome è ricordato nell’iscrizione posta sul lato orientale del monumento.
Il cimitero è noto per la presenza numerosa di artisti, poeti e diplomatici stranieri che vi sono sepolti: molti avevano scelto di vivere in Italia, altri invece morirono a causa di una malattia o di un incidente mentre erano in visita nella città. Sono quasi 4mila i defunti che riposano nel Cimitero. Per la maggior parte inglesi e tedeschi, ma anche americani, scandinavi, russi e greci, di religione protestante ed ortodossa, ma anche islamica o buddista. Le iscrizioni sono in più di 15 lingue diverse, spesso incise con i caratteri della scrittura di appartenenza.
Custodisce, tra le altre, le tombe del deputato e teorico marxista Antonio Labriola, di Antonio Gramsci, del romanziere Carlo Emilio Gadda , e ancora del figlio dello scrittore Johann Wolfgang von Goethe, August, vicina a questa quella di Malwida von Meysenbug (1816-1903). Autrice tedesca, pensatrice femminista e rivoluzionaria. Ma anche quelle della poetessa italiana Amelia Rosselli. Di Irene Galitzine, stilista nota per la sua creazione, negli anni ’60, dei pigiama palazzo, indossati da alcune delle donne più belle del mondo. E Sarah Parker Remond, dottoressa afro-americana, attivista anti-schiavista.
Sono solo alcuni tra i tanti nomi, anche poco noti ai più, che si possono leggere sulle lapidi del Cimitero Acattolico. Una passeggiata rilassata laddove riposano nel loro sonno eterno protagonisti della storia e della letteratura.
“Back to the 80’s!”: cosa è meglio non replicare
Back to the 80’s, una nuova mania che pare stia spopolando, ma ci sono diversi elementi del passato, soprattutto degli anni ottanta, che forse non è proprio un bene che tornino di moda. Ma chiaramente si tratta di gusti e, per parafrasare i vecchi latini, su questi non discute.
Ma ecco una piccola lista che, secondo la redazione di Pink Magazine, sarebbe meglio non riportare in auge:
I Cucciolotti di Plastica: chi non si ricorda la moda odiosa degli anni ottanta di farsi enormi collane con appesi orribili ciuccetti di plastica? In colori sgargianti flou, che penzolavano dalle magliette senza alcuna dignità, decisamente anacronistici a prescindere dall’età di chi li porta.
Le treccine: un’altra moda caustica degli anni Ottanta era quella di farsi migliaia di treccine in testa, sui capelli lunghi, chiuse con altrettanti elastici minuscoli tutti colorati, che ci rendevano simili al mitico Ruud Gullit, femminili come una abat-jour, scomode, soprattutto nel momento di lavare e pettinare i capelli.
L’ombretto celeste: era terribile colorare con l’ombretto celeste l’intera palpebra dell’occhio, che spesso non faceva cielo, ma occhio livido da incontro di box andato male, pesante anche per i lineamenti più delicati, che io mi sento di sconsigliare a tutti, anche a quelli con gli occhi chiari.
Pantaloni a zampa: compaiono negli anni Settanta ed è subito Cugini di Campagna: sono dei pantaloni che a meno che tu non sia una modella magra e alta due metri, ti fanno sentire un salsicciotto insaccato perché spesso erano da portare attaccati alla pelle, soprattutto i jeans. Qualche stilista li ha riproposti, consigliati solo alle più temerarie e nostalgiche del passato.
Il marsupio: tremendo, sia per l’uomo che per le donne, soprattutto quello colorato e di plastica, per l’uomo l’evoluzione del non più bello “borsello”, che ogni tanto vediamo ancora in giro a qualche turista tedesco in pendant coi calzini bianchi e il sandalo aperto, che ti strizzava il giro vita e aumentava la pancia, terribile portato con la camicia o sopra un paio di pantaloni eleganti .
Tanto amate da diverse star televisive del panorama nostrano, le tute di ciniglia avevano la caratteristica di farti sudare a prescindere, perché completamente sintetiche, la ciniglia inoltre era di un colore lucido e cangiante che mentre correvi, o semplicemente camminavi, ti rendeva simile a un pagello impanato.
Ognuno di noi, se non altro per quanto riguarda la nostra generazione, ha indossato ognuno di questi indumenti almeno una volta nella vita: volevamo essere alla moda, ma riguardando ora le vecchie foto siamo decisamene meno d’accordo!
La storia del Profumo: un accessorio immancabile che affonda le sue radici nel tempo
Il profumo ha da sempre numerose finalità: sacra (come poi derivante dalla sua nascita nei riti di imbalsamazione), di seduzione, di piacere, aristocratica, di identità e vitalità. Da tutto ciò possiamo davvero capire che è molto più che un vezzo e il fatto che esprima sul serio il nostro essere è una veridicità importante tramandata dai nostri avi.
Ed è l’Egitto il primo e indiscusso testimone dell’utilizzo del profumo: sempre presente nei templi e durante i rituali religiosi per purificare il corpo e la mente dei propri e cari defunti. Ma importante anche come potente arma di seduzione delle donne, dai tempi dei tempi e non solo. Pensate che i faraoni e le loro consorti utilizzavano il Kyphi, una fragranza composta anche da più di cinquanta essenze in grado di dare un senso di pace, favorendo il sonno e spazzando via le preoccupazioni quotidiane.
L’arte di miscelare gli aromi si diffuse anche in Occidente, in Grecia e a Roma. Fin dall’epoca Cretomicenea (1500 a.C.). Ma fu in Oriente il vero commercio: la scoperta della distillazione dà il via al mercato dei profumi. E nonostante gli Arabi non siano gli inventori di questa tecnica, l’hanno comunque raffinata e diffusa.
Nell’Ottocento, poi, una scoperta rivoluziona ulteriormente il mondo dei profumi: la sintesi dell’urea ( ciclo metabolico presente negli organismi ureotelici (es. mammiferi) volto a trasformare l’ammoniaca (altamente tossica) in urea, affinché possa essere eliminata con le urine), ottenuta da Friedrich Wöhler nel 1828.
Questa scoperta dà l’avvio alla chimica organica, contribuendo all’evoluzione della profumeria attraverso l’utilizzo degli aldeidi, elementi sintetici che aumentano all’infinito la possibilità di disporre di diverse profumazioni. Componenti naturali e prodotti di sintesi sono poi uniti a sostanze chiamate fissatori, che hanno il compito di “amalgamare” il profumo alla pelle. I fissatori hanno caratteristiche particolari, tra cui quelle di essere poco volatili, incolori, solubili nell’alcol e negli oli essenziali. Nasce così la profumeria moderna.
“Non ti scordar di me”, la serata in memoria del grande tenore Beniamino Gigli
Ospite in collegamento Asia Gigli, musicista e organizzatrice dell’evento
L’Associazione Lirico Musicale Culturale “ Beniamino Gigli jr.” è lieta di presentare una serata benefica in memoria del grande tenore Beniamino Gigli e del suo Bel canto.
Il 30 novembre alle ore 19,00 presso la Sala Accademica del Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma in via dei Greci 18, si terrà il concerto di beneficenza “Non ti scordar di me” che avrà come interpreti principali i giovani talenti lirici del Conservatorio.
Straordinaria sarà la partecipazione del tenore Fabio Armiliato, il quale si esibirà accompagnato al pianoforte da Asia Beniamina Gigli, pronipote del grande tenore.
Durante la serata verrà consegnato a Fabio Armiliato, il premio “ Non ti scordar di me” e altresì assegnate le borse di studio per gli studenti del Conservatorio.
Verrà, inoltre, lanciata una raccolta fondi benefica a cura dell’associazione Beniamino Gigli jr. al fine di donare alla Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale Umberto I di Roma uno schermo tecnologico per le cure dei neonati.
Negli spazi antistanti alla Sala Accademica, sarà allestita una mostra documentale, con esposizione di costumi di scena e cimeli appartenuti a Beniamino Gigli.
L’evento sarà gratuito e a partecipazione libera di pubblico.