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Extra – Puntata di Martedì 31 Ottobre 2023 con Mario Sanna, in sciopero della fame per le vittime di Amatrice

Dopo l’emergenza, il silenzio e l’immobilismo. Succede sempre così in Italia: subito dopo una tragedia, la macchina dei soccorsi è tempestiva e impeccabile ma quando i riflettori dei media si spengono e terminano le passerelle dei politici, il buio avvolge tutto e tutti con i risultano che i tempi si dilatano a dismisura e la fase post emergenziale non si conclude mai.

Questa dinamica è sempre accaduta nel caso di terremoti ed alluvioni e non serve andare a scomodare i casi limite che, a distanza di decenni ancora non possono dirsi definitivamente chiusi come l’Irpinia, il Belice o il sisma dell’Aquila. Per misurare l’inefficienza del nostro paese nel gestire le fasi della ricostruzione basta pensare a cosa sta accadendo nei comuni del centro Italia colpiti dal terremoto del 2016: a oltre 7 anni da quella sequenza di scosse che provocò morte e distruzione ad Amatrice e negli altri comuni interessati dallo sciame sismico, la ricostruzione procede a rilento come testimoniano i tanti cantieri ancora aperti e gli altrettanti edifici lesionati e ancora da mettere in sicurezza. Ma per chi ha perso un familiare o la propria casa, questa paralisi contribuisce a rendere ancora più dolorosa una ferita emotiva che non si rimargina per il carico di sofferenza che accompagna un evento che in pochi secondi riesce a portarti via un familiare e tutti i tuoi beni: se poi per quell’evento luttuoso devi attendere anche che la giustizia faccia il suo corso o che ti venga riconosciuto un delitto, ecco che voltare pagina diventa ancora più difficile.

Ne sanno qualcosa proprio quanti nel terribile terremoto del centro Italia hanno registrato un lutto e hanno visto distrutte le proprie case, i negozi e le attività aziendali. Da quella drammatica notte del 2016 la loro vita è cambiata, lacerata dal dolore per la perdita delle persone care e affranta dalla sensazione di aver lasciato sotto le macerie anche i beni accumulati in una vita di sacrifici. Il tutto senza neppure il diritto ad un risarcimento perché la legge non lo prevede: sembra incredibile, ma nessun automatismo è stato previsto per indennizzare le famiglie toccate da tragedie immani. Per questo da anni Mario Sanna ha deciso di farsi portavoce di una battaglia di civiltà che porta avanti esponendosi in prima persona e mettendo a repentaglio anche la sua salute: dallo scorso 9 ottobre, ha intrapreso lo sciopero della fame ed è pronto a proseguire ad oltranza finché le istituzioni non cambieranno qualcosa. Sanna, che vive ad Amatrice con moglie e due figli, nel terremoto ha perso Filippo, il suo primogenito: aveva 22 anni, studiava ingegneria e dopo essere rimasto per ore intrappolato tra le macerie è deceduto in ospedale nonostante i tentativi disperati dei medici di salvarlo; non è la prima volta che l’uomo rinuncia ad alimentarsi per dare voce alla protesta di quanti da quella drammatica estate sono “sospesi”, in attesa di giustizia.

Mario Sanna chiede allo Stato italiano un segnale, l’istituzione di un fondo per le vittime di queste drammatiche catastrofe: non è una questione di soldi, perché quando perdi un figlio, un fratello, un genitore o un amico in queste circostante tutto perde valore. Talvolta però dallo Stato basterebbero piccoli segnali, delle scuse formali o un risarcimento per le vittime e i loro familiari, quasi a voler testimoniare la vicinanza delle istituzioni e, perchè no, anche una parziale ammissione di responsabilità. Potrebbe sembrare una semplice questione di buon senso, e in fondo lo è: ma passano i governi e, a parte promesse e rassicurazioni, l’iniziativa è ancora ferma al palo, nonostanta la storia recente abbia dei precedenti, come accaduto per le stragi di Viareggio e Rigopiano. Dopo aver bussato alle porte di Conte e Draghi, ora i famigliari delle vittime del sisma del 2016 chiedono l’attenzione del governo Meloni e Mario Sanna si è rimesso in gioco, pronto ad andare fino in fondo.

In questa puntata di Extra, è lui stesso a raccontarci come sia nata questa sfida alle istituzioni: al microfono di Claudio Micalizio, Mario Sanna racconta anche i passi avanti che sono stati fatti in passato, l’immane quantità di promesse ascoltate ma anche l’amara constazione che i progressi sono davvero limitati anche se, in fondo, basterebbe un emendamento da inserire nella prossima finanziaria per imprimere una svolta virtuosa a questa pagina di sofferenza e speranza.

 

Nella tarda mattinata odierna ho incontrato, nel suo ufficio in Parlamento, l’onorevole Paolo Trancassini e insieme abbiamo avuto una, sia pur breve, interlocuzione telefonica con il Commissario straordinario alla ricostruzione Guido Castelli.
Il confronto con l’onorevole Trancassini è stato franco e a tratti acceso ma ognuno di noi ha potuto rappresentare le proprie ragioni guardando l’altro negli occhi. Per la prima volta in sette anni mi è capitato di parlare del tema in questione in modo così approfondito e per questo ringrazio l’On. Trancassini che si è dimostrato fortemente coinvolto in questa mia protesta, verso la quale ha un’attenzione di lungo corso. Pur con dei distinguo procedurali, le nostre posizioni si sono trovate concordi nell’affermare che non già di una legge ad hoc dobbiamo parlare ma di un emendamento. Il suo impegno è di presentarlo in questa legge di Bilancio, sempre che il Governo non decida di blindarla così com’è, senza ulteriori emendamenti. Alla sua richiesta di interrompere il mio sciopero della fame ho risposto che lo farò, come ho sempre detto, quando l’emendamento sarà effettivamente presentato, ossia entro il 21 Novembre.

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