Venerdì 27 e sabato 28 ottobre Roma sarà sede di una Conferenza Internazionale per la Pace: al vertice, però, non saranno presenti capi di stato e di governo e anche il parterre di politici con incarichi istituzionali sarà ridotto. Il motivo? Questo summit, che richiamerà centinaia di associazioni pacifiste e movimenti civici e politici da buona parte del mondo, nasce “dal basso” e vuole provare a costruire una proposta di dialogo che porti ad un cessate il fuoco nei luoghi dove ancora si combatte ma dove il rischio di un allargamento del conflitto è più che mai concreto.
Al vertice dunque si parlerà della guerra in Ucraina ma anche del recente riacutizzarsi del conflitto in medioriente, dopo l’attacco terroristico lanciato da Hamas lo scorso 7 ottobre nel sud di Israele e la reazione dell’esercito di Tel Aviv a Gaza. Due conflitti diversi per genesi e contendenti ma accomunati dalla reazione sortita presso la comunità internazionale: politici, media e capi di stato sembrano interessati a dividersi in opposte fazioni più che provare a sviluppare una strategia di pace. Era successo per la guerra in Ucraina ma lo stesso cliché si sta riproponendo con la guerra in medioriente: anche nella recente visita a Tel Aviv il presidente americano Biden ha chiesto al premier israeliano Netanyau di non esagerare con le operazioni militari per non incendiare il mondo arabo ma non di cessare il fuoco (ed è comunque più di quanto Washington abbia fatto in oltre un anno e mezzo di guerra nel conflitto tra Mosca e Kiev dove la parola pace resta ancora un tabù).
In questo contesto, anche la diplomazia è alla finestra. Almeno ad occidente, perché in oriente c’è chi sta cercando soluzioni per mettere a tacere le armi ed è la Cina che nelle ultime settimane ha organizzato un vertice tra il presidente XI e l’omologo russo Putin in cui si è provato a costruire una strategia di mediazione per la pace in Ucraina e ha inviato in medioriente un proprio emissario per aprire un dialogo con gli israeliani con lo scopo di allentare la pressione militare. Due interventi su cui Stati Uniti ed Europa nutrono dubbi e perplessità ma che, ad oggi restano i più convinti tentativi di pacificazione sin qui visti, a eccezione ovviamente delle missioni diplomatiche promosse dal Vaticano.
Ed allora è curioso che a portare avanti l’idea di pace siano, almeno in apparenza, paesi spesso visti con diffidenza anche da una parte dell’opinione pubblica a conferma di come, forse, qualcosa stia cambiando anche a livello geopolitico oltre che economico dato che Russia e Cina da mesi stanno anche cercando di compattare e allargare il fronte dei cosiddetti BRICS – cioè il gruppo delle economie emergenti che recentemente ha imbarcato alcuni paesi arabi e che vuole contrapporsi all’economia del dollaro. Anche di questo si parlerà il 27 e 28 ottobre alla Conferenza internazionale di Pace che si terrà a Roma per iniziativa di decine di associazioni e movimenti non governativi che vogliono riportare la pace al centro dibattito politico globale: in questa puntata di Extra, Claudio Micalizio incontra Moreno Pasquinelli, portavoce del Fronte del Dissenso che è tra i promotori del summit, e Alberto Bradamini, diplomatico di lungo corso che durante la sua carriera ha tra l’altro rappresentanto l’Italia presso le ambasciate di Teheran e Pechino.