Il pianeta carceri è un mondo a sé e non a caso le ultime strutture di detenzione, costruite in tempi più recenti, sorgono spesso in periferia, lontano dai centri abitati. Gli istituti di detenzione più vecchi, invece, sono immersi nel tessuto urbano ma restano inavvicinabili anche per comprensibili motivi di sicurezza. Anche per questo non si sa cosa accade oltre quelle alte mura di cinta, con il filo spinato e le torrette di vigilanza.
Di carceri la politica parla raramente, e anche l’opinione pubblica non dimostra particolare interesse se non quando dal riserbo di questi ambiente trapela qualche notizia quasi sempre negativa: possono essere i suicidi tra i detenuti o tra gli addetti alla sorveglianza, le proteste o le risse e le aggressioni che spesso coinvolgono anche gli agenti di sicurezza, le denunce di sovraffollamento che i sindacati e le associazioni per i diritti civili formuilano periodicamente per richiamare l’attenzione delle istituzioni. Ogni volta lo stesso cliché: esce la notizia, esplode la polemica, arrivano le promesse di intervento ma quando i riflettori dell’emergenza mediatica si spengono tutto torna alla normalità.
I problemi però raramente si affrontano o si risolvono. Nelle carceri del Lazio la situazione si sta facendo, se possibile, ancora più difficile e all’origine dei problemi ci sono i numeri che fotografano il sovraffollamento: oggi gli ospiti degli istituti penitenziari del territorio sono 6.086, ben più dei 5.295 posti che sono disponibili sulla carta. Un deficit strutturale che riguarda un po’ tutte le prigioni laziali e che contribuisce a esasperare il clima di chi vive in cella ma anche di chi è dentro per lavoro: in tutto nella regione ci sono otto case esclusivamente circondariali (a Cassino, Frosinone, Latina, Rieti, Civitavecchia, Roma, Velletri e Viterbo), due case esclusivamente di reclusione (a Roma e Paliano), oltre a una struttura sia circondariale che di reclusione destinata alle sole donne a Roma. Ad accomunare ogni carcere i problemi organizzativi e di spazi denunciati dai sindacati che da tempo chiedono più risorse e più uomini per garantire la piena operatività alle strutture di reclusione: servirebbero un maggior numero di assunzioni ma anche la possibilità di costruire nuove carceri. Ma non è la prima volta che la ricetta viene proposta e, come tutte le altre volte, rimane lettera morta.
Alcune idee, poi, fanno ulteriormente discutere anche perchè ad un occhio disattento potrebbero apparire come vere e proprie boutade: è il caso della proposta formulata poche settimane fa di chiudere la casa circondariale di Regina Coeli in vista di una successiva messa in vendita dell’edificio. L’idea fa già discutere la politica e divide il sindacato, che avanza più di un dubbio. In questa puntrata di Extra con Giancarlo Cenciarelli, Segretario Generale FP CGIL Roma e Lazio, Claudio Micalizio prova a fare il punto sull’emergenza che si vive quotidianamente nelle carceri laziali e a capire se davvero oggi per affrontare il problema del sovraffollamento abbia senso partire dalla messa in vendita di una delle strutture di detenzione storiche del territorio.