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La nuova Frontiera della Mafia

Trentadue anni dalla Strage di Via d’Amelio

19 Luglio 1992. A pochi minuti dalle cinque del pomeriggio, un’imponente esplosione scosse la città di Palermo in Via D’Amelio: uno scenario raccapricciante, un inferno in fiamme che portò alla scomparsa di Paolo Borsellino, magistrato simbolo della lotta contro la mafia, ucciso davanti l’abitazione della madre. A pochi mesi di distanza dall’assassinio dell’amico e collega Giovanni Falcone, l’episodio segnò uno spartiacque nella storia d’Italia, ispirando un grande movimento di lotta contro la mafia e che coinvolse, soprattutto, i giovani.

In occasione del trentaduesimo anniversario della Strage di Via D’Amelio e la morte del Giudice Paolo Borsellino, ad “A Casa di Amici”, il Salotto di Radio Roma, uno spazio interamente dedicato a comprendere le nuove, attuali frontiere della mafia, con Roberto Montà, Presidente dell’Associazione “Avviso Pubblico.

La nuova frontiera della Mafia

La nuova frontiera – esordisce Roberto Montà – è sicuramente un’evoluzione di quella della Strage di Via D’Amelio. Oltre trenta anni fa, la strategia era una strategia di aggressione allo stato, ai suoi rappresentanti istituzionali, alla magistratura, in una prova quasi muscolare di dominio, soprattutto nelle regioni cosiddette  ‘a tradizionale presenza mafiosa’. Oggi questo fenomeno è completamente cambiato: si è diluito in tutto il territorio nazionale, la mafia attraversa tutta l’Italia in una dimensione sempre più internazionale, ma soprattutto, oggi abbiamo le mafie che penetrano nell’economia legale, che utilizzano i grandi proventi derivanti al traffico di stupefacenti, ma anche dal riciclaggio. Sì radicano attraverso operazioni economiche che fanno controllare i territori in forma indiretta, dove l’uso della violenza è secondario”.

Associazione “Avviso Pubblico” e il contrasto delle organizzazioni mafiose con la politica in primo piano

L’associazione nasce nel 1996, immediatamente dopo le stragi, quando quattordici amministratori di tutta Italia sentono l’esigenza di assumersi la responsabilità di organizzare la legalità sul territorio. “Secondo noi – continuala criminalità organizzata si sconfigge con una legalità organizzata che vede le istituzioni e la politica locale in primo piano”.

Per combattere la mafia è essenziale l’utilizzo di tutti i linguaggi sociali, e la cultura è uno strumento molto utile. Quello di cui si ha bisogno è mobilitare le coscienzedelle persone che si devono rendere conto che la mafia di oggi, non è quella di trent’anni fa e che la pericolosità di essere complici sta anche nell’indifferenza: il non andare a votare, il non partecipare alla vita democratica, il non dire di No, non possono portare ad un cambiamento”.

Cosa vuole in cambio, la mafia? – I Comuni, le leggi, i provvedimenti

La mafia cerca consenso, cerca desistenza, cerca in alcuni casi di creare affari come appalti e piani regolatori. Cerca di strutturare una relazione per potersi addentrare ed operare in campo economico – finanziario. “Talvolta, la politica e gli amministratori, che ottengono in cambio consenso elettorale e sostegno, non stando ai patti, rischiano di ricevere minacce di aggressione.

La legge sullo scioglimento dei consigli comunali, del 1991, ha necessariamente bisogno di un tagliando. Quali sono i limiti di questa legge? Questa legge nasce prima di tante riforme e durante gli anni 90, il Sindaco e gli amministratori, gestivano e firmavano direttamente in prima persona. Oggi c’è invece, una responsabilità importante delle strutture amministrative, dei dirigenti e dei funzionari che sono “intoccati” ed “intoccabili” in questo procedimento. C’è bisogno di un processo sociale che accompagni tutto questo”.

Sindaci sotto minaccia: i dati allarmanti

Secondo le parole del Presidente dell’Associazione, i dati sono inquietanti, spesso riportati nella cronaca locale e territoriali. Nel primo semestre infatti, sono circa centonovanta tre i casi di “atti di intimidazione” cresciuti nel primo trimestre, del 20%. La fase elettorale ha inciso grandemente. “Gli amministratori – precisa – sono quelli che hanno più potere e quindi quelli che vengono individuati come terminale finale dello Stato. Tutto ciò che è rabbia si scatena su di loro. Lo Stato cerca di stare vicino, ma noi dobbiamo continuare a chiedere alle forze dell’ordine, alla magistratura di aiutarci ad individuare i colpevoli. Dobbiamo raccontare non solo le storie delle vittime, ma anche quelle dei colpevoli”.

Il caso di Aprilia, in cui l’ex Sindaco Lanfranco Principi è stato arrestato durante la maxi operazione antimafia, risulta essere pertanto l’esempio lampante che il fenomeno mafioso non è lontano da noi. “C’è un’idea di occupazione non violenta, ma che in qualche modo, altera l’economia legale. Perchè è un problema che riguarda tutti? Perchè se ho un’impresa sana, pago le tasse, e c’è chi invece le evade, si presenta il rischio di essere travolto nella mia attività. Questo è un problema che riguarda la qualità dell’economia e la qualità della democrazia.”

 

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