Il timore di non riuscire a centrare gli obiettivi del Pnrr ha sempre aleggiato sulla grande opportunità dei fondi concessi dall’Europa all’Italia dopo la tragica esperienza della pandemia. Ma ora che anche il Governo ha confermato che siamo in forte ritardo, il dubbio di non riuscire a spendere in tempo i soldi per attuare i progetti che tra pochi mesi dovrebbero essere inaugurati sembra sempre più concreto.
E a questo scenario già poco rassicurante (anche perché il nostro paese si è impegnato a iniziare a restituire già tra un paio di anni quella parte di fondi che sono stati elargiti sotto forma di prestiti) si aggiunge un allarme lanciato pochi giorni fa dal centro studi di Unimpresa secondo cui, di modifica in modifica, i cambiamenti decisi dal Governo proprio per evitare la debacle avrebbero provocato un buco nel dossier di circa 10 miliardi di euro.
Ma andiamo per ordine. Nel corso degli ultimi mesi da più parti sono state evidenziate le gravi lacune informative riguardanti lo stato di avanzamento dei progetti finanziati dal piano nazionale di ripresa e resilienza, così come il livello di risorse già impiegate, che costituisce un altro indicatore significativo per valutazioni accurate. Con la pubblicazione della quarta relazione al parlamento sull’attuazione del piano, alcune settimane fa il governo ha finalmente fornito qualche aggiornamento, per quanto parziale.
Come emerge da un’attenta analisi condotta da Openpolis, e pubblicata lo scorso 8 aprile, attualmente sono disponibili i dati aggiornati sul livello di spesa fino al 31 dicembre 2023 che spesso non tengono conto delle modifiche apportate al Pnrr. Inoltre, il governo ha sottolineato nel documento come tali dati potrebbero essere distorti a causa della scarsa tempestività con cui i soggetti coinvolti nella realizzazione degli interventi rendicontano le spese sostenute. Ciò rende difficile, se non impossibile, formulare valutazioni precise sul reale progresso del piano.
Questa situazione è particolarmente preoccupante considerando che il nuovo piano prevede un totale di 194,4 miliardi di euro, di cui circa il 78% deve ancora essere speso. Alla luce di ciò, le carenze informative rimangono significative mentre servirebbero dati chiari, realistici e aggiornati a beneficio di cittadini e analisti. Attualmente, non sono disponibili informazioni precise sullo stato di avanzamento e sulla spesa per ciascun progetto finanziato dal Pnrr. Sebbene la relazione del governo fornisca alcuni dati sui fondi erogati da ogni amministrazione titolare e per singole misure, tali informazioni devono essere considerate con cautela in quanto, appunto, si riferiscono al 31 dicembre 2023 e, salvo poche eccezioni, non riflettono le modifiche apportate al piano.
Fatte queste promesse, ecco la fotografia che emerge: alla fine dello scorso anno le diverse amministrazioni titolari avevano erogato circa 43 miliardi di euro, a fronte di 151,4 miliardi ancora da spendere nei prossimi 3 anni. I ministeri dell’ambiente e della sicurezza energetica, delle imprese, delle infrastrutture e dell’istruzione sono sono tra i principali contributori in termini di fondi già erogati mentre, per esempio, la struttura commissariale per la ricostruzione post-alluvione non ha ancora impiegato alcun importo, poiché i fondi del Pnrr sono stati assegnati successivamente alla revisione del piano.
Considerando sia i fondi già spesi che quelli ancora da spendere, alcuni ministeri devono ancora erogare più del 90% delle risorse assegnate. Il ministero delle infrastrutture è quello che ha ancora da impiegare l’importo più significativo, seguito dai ministeri dell’ambiente, delle imprese, della salute e dell’istruzione.
Ma c’è di più: a lanciare ulteriori dubbi sullo stato di avanzamento del dossier c’è poi una ricerca condotta dal centro studi di Unimpresa, la federazione delle piccole e medie imprese, secondo cui i continui cambiamenti imposti dal governo per adattare il piano in base ai ritardi di attuazione avrebbe provocato un buco di quasi 10 miliardi di euro. Una situazione dunque che rischia di provocare ulteriori disagi e pasticci se l’esecutivo non vi porrà subito rimedio.
Ma come si è creato questo “buco miliardario”? Claudio Micalizio lo chiede a Isa Gatti, consigliere nazionale di Unimpresa, ospite della puntata odierna di Extra.