Non si placano le fibrillazioni negli ambienti universitari italiani di fronte alla drammatica guerra in corso da quasi 7 mesi a Gaza: In alcuni atenei, nelle scorse settimane, i rettorati hanno già espresso pubblicamente la propria condanna per quanto sta accadendo e per le modalità con cui lo stato di Israele sta gestendo l’operazione militare scattata all’indomani del blitz dei terroristi di Hamas che ha portato all’uccisione di quasi 1.400 civili israeliani e al rapimento di centinaia di persone: dopo quel drammatico 7 ottobre, l’esercito israeliano ha dato il via ad una campagna militare nella striscia di Gaza che ha provocato oltre 30mila morti, tra cui almeno 12mila bambini.
Nelle prossime ore all’Università La Sapienza di Roma il Senato accademico tornerà a riunirsi dopo la richiesta formulata da una parte di studenti, corpo docenti e personale amministrativo di esprimere una chiara presa di posizione sul conflitto nella Striscia di gaza e a contempo di interrompere tutte le iniziative di collaborazione scientifica tra l’ateneo romano e le università israeliane. Una richiesta che già nei giorni scorsi aveva spaccato l’ambiente accademico e che era stata oggetto di feroci polemiche anche sul piano politico a livello nazionale.
Ma perché studenti e professori chiedono al Rettorato della più importante Università di Roma di esprimersi contro la guerra? Sono soltanto questioni di carattere ideologico, come sembrano adombrare quanti liquidano come “filopalestinesi” le manifestazioni andate in scena in molte città italiane nelle ultime settimane? In questa puntata di Extra, Claudio Micalizio propone agli ascoltatori l’estratto di un’intervista esclusiva che il nostro Andrea Candelaresi ha realizzato al professor Vincenzo Nesi, docente presso la Facoltà di Matematica dell’Università La Sapienza di Roma che ha deciso di spiegare pubblicamente i motivi per i quali gli studenti e altri insegnanti chiedono di boicottare i progetti di ricerca in corso con gli atenei israeliani e potenzialmente utilizzabili anche per fini militari.