Avevamo trattato il caso Moro con il prof. avv. Augusto Sinagra.
Aldo Moro veniva rapito 46 anni fa in via Fani, era il 16 marzo 1978, morirà il 9 maggio 1978 sotto i colpi dei brigatisti rossi, che si assumeranno tutta la responsabilità. Ma le cose stanno davvero come ce la hanno raccontate? La “verità di stato” appare coerente con quanto realmente accaduto? Oppure ci sono crepe, falle e soprattutto ombre e punti oscuri?
Ne parliamo con Tommaso Minniti, regista e attore, autore del Docufilm in 2 puntate (148 minuti) “Non è un caso, Moro”: un film clandestino, una storia inaudita. Tratto dall’inchiesta di Paolo Cucchiarelli giornalista e autore dei libri inchiesta: “Morte di un Presidente” e “L’ultima notte di Aldo Moro”. Con gli interventi di Claudio Signorile e Fabio Fabbri e con Carlo Simoni, Luciano Roman e Sergio Damiano. È possibile acquistarlo in versione USB a questo link. (L’articolo prosegue dopo l’immagine)
La verità, finalmente, sul delitto Moro!
Scrive Minniti:
“NON È UN CASO, MORO”
è un Docufilm autoprodotto che si propone di raccontare tutta la verità, finalmente, sul delitto Moro.
Scritto e diretto da Tommaso Minniti, tratto dai libri inchiesta di Paolo Cucchiarelli e con le musiche originali di Johannes Bickler. Il film in due puntate narra la storia inaudita dei 55 giorni che bloccarono per sempre l’Italia al 9 maggio 1978, lo fa ricomponendo un delicatissimo mosaico con assoluta coerenza probatoria e veridicità storica.
La vicenda sembrerà come nuova, sconosciuta, perché messa sotto una luce diversa e rivelata in modo sorprendente attraverso la ricerca delle vere prigioni del Presidente, lo scoperchiamento della dinamica dell’uccisione, l’identificazione delle forze internazionali in campo. Il tutto sostenuto da testimonianze inedite e incontrovertibili di protagonisti dell’epoca: l’On. Claudio Signorile e Mons. Fabio Fabbri.
NON È UN CASO, MORO è anche un film che ricostruisce, come in un vecchio super8, le sequenze negate, ovvero i momenti di questa storia rimossi dall’immaginario collettivo, perché omessi, mistificati, sepolti. Tutto ciò che non è stato mai detto sul delitto Moro, il documentario mostra con coraggio.
Prove alla mano, si dice che in via Fani c’era l’intelligence americana, che lo Stato italiano seppe fin da subito dove era nascosto Moro e che l’uccisione fu decisa proprio mentre il Presidente stava per essere liberato.
Ancora dopo oltre quarant’anni, l’Italia non sa in che modo la propria storia sia scivolata dalle vette della Costituente, all’abisso tragicomico contemporaneo; il film aiuterà a capirlo. Ricompone infatti le fasi salienti del delitto più illustre della nostra epoca, che segna anche la fine prematura della Repubblica Italiana.
Questo lavoro è un punto di ripartenza necessario per chiunque voglia ricostruire la dignità e il ruolo del nostro Paese, sul fondamento della verità.
Per proiezioni, informazioni e richieste potete visitare il sito.
Perché è importante parlare di Aldo Moro oggi
Il film non è stato accettato dalle case di produzione e quindi non ha seguito il classico percorso di distribuzione nelle sale cinematografiche. Ma associazioni e privati hanno organizzato proiezioni in tutta Italia registrando un grande successo, un entusiasmo che a quasi tre anni dal debutto non dà segni di cedimento, le date si susseguono con grande affluenza di pubblico.
Già questo fa capire che se il film è stato in qualche modo ostracizzato è perché contiene verità e informazioni scomode.
Il film si apre proprio dal rapimento in via Fani, spiega perché la versione ufficiale non regge, perché non possono essere state le BR o solo le BR, che al contrario sarebbero state usate e pilotate dal mandante tramite la “strategia a imbuto”. Le BR costrette alla fuga perché braccate, cambiano diversi covi, sono costrette ad utilizzare strategie che non le appartengono. Il film si sofferma sui covi dove realmente sarebbe stato tenuto prigioniero il presidente del consiglio, anche attraverso le analisi sui materiali ritrovati sugli indumenti del presidente del consiglio e sulla Renault 4, nel cui bagagliaio venne ritrovato cadavere con il corpo crivellato dai proiettili, ma anche qui la versione del film è ben diversa da quella raccontata.
Il film narra e documenta dalle minacce di Kissinger, alla seduta spiritica di Prodi per svelare il covo di via Gradoli che Cossiga interpreterà come il paese Gradoli nel viterbese, le trattative per liberarlo tutte fallite o interrotte come i piani per liberarlo, piani per liberarlo che indicano che si sapeva dove era detenuto.
Tina Anselmi dichiara: “Moro era in Via Gradoli tutti lo sapevano”. Il ruolo di Cossiga e Andreotti che sapevano che il prigioniero era in via Gradoli ma per Andreotti, si racconta nel film, “Moro vivo non serviva più a nessuno”, Cossiga intanto piangeva.
Il ruolo degli USA, dei servizi segreti, della P2 e quello di Steve Pieczenik funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America che 30 anni dopo pubblicò il libro: “Abbiamo ucciso Aldo Moro”. Steve Pieczenik era un funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America che fu nominato da Cossiga consulente del Ministro degli Interni per il caso Moro
Chi voleva Aldo Moro morto e per quali motivi? Cosa è cambiato dopo Moro e perché l’Italia non sarà più la stessa? Che senso ha parlare di Moro oggi? Le risposte a queste domande e tanto altro nel video dell’intervista.