La maggioranza di governo ci ripensa e ritira la proposta di legge, targata Fratelli d’Italia e Lega in discussione in Aula alla Camera, che avrebbe concesso il titolo di «monumento nazionale» a 46 teatri italiani senza però stabilire i criteri né fornire le motivazioni che hanno portato a scegliere un palco anziché un altro. E infatti i teatri storici erano stati mescolati a quelli moderni, finiti così in un unico elenco contestato dal Partito democratico e dai direttori dei teatri, soprattutto romani, che hanno visto il loro stabile escluso senza riuscire a trovare una spiegazione tra le righe del testo.
Nella lista in coda al provvedimento comparivano il Valle e l’Argentina, teatri storici della Capitale, che risalgono al 1700, ma non c’era ad esempio il Teatro dell’Opera, culla dell’opera teatrale in musica e del balletto. Così come non erano stati annoverati teatri del calibro del Sistina, del Brancaccio o del Palladium.
«Un altro schiaffo da parte di questo governo», ha dichiarato Massimo Piparo, direttore artistico del Sistina e presidente dell’Associazione teatri italiani privati.