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Qualità del cibo e della ristorazione, così si rilancia il “Made in Italy”? – Extra – Giovedì 7 marzo 2024

Ci sono sicuramente le strategie green dell’Europa e gli errori commessi negli ultimi anni dalla politica italiana ma, forse, queste non sono le uniche cause a determinare le difficoltà in cui versa l’agricoltura del Belpaese: una crisi che ancora non si è palesata in tutta la sua gravità ma che oggi rischia di minare profondamente un comparto strategico dell’economia nazionale e di renderlo ancora più fragile davanti alle riforme della Politica Agricola Comunitaria varata recentemente dall’Ue e oggetto delle proteste agricole degli ultimi mesi.

Un primo fattore di crisi è rappresentanto dalle rese. Anche nel 2023 la produzione in diversi settori agricoli ha raggiunto risultati poco soddisfacenti: dopo una campagna del 2022 considerata una delle peggiori degli ultimi vent’anni in termini di produzione, si attendeva un aumento delle quantità prodotte che invece non si è verificato e anzi, al contrario, per alcuni settori la crisi è continuata ulteriormente. E le difficoltà hanno riguardato anche settori strategici e rappresentativi del made in Italy agroalimentare.

Prendete il vino: le stime relative allo scorso anno indicano una diminuzione della produzione di almeno il 20% rispetto al 2022, il che potrebbe far perdere all’Italia il primato mondiale. Ma l’uva è in buona compagnia in questo scenario poco rassicurante: le previsioni sono negative anche per le coltivazioni di frutta come fruttifere, pesche, pere e uva da tavola mentre per i cereali l’annata è stata decisamente difficile e soprattutto per il riso, le cui semine sono state al minimo storico. Per quanto riguarda l’olio d’oliva, nonostante le speranze di un recupero dopo il pesante calo del 2022, la produzione difficilmente supererà le 300 mila tonnellate, cioè circa la metà di quanto si produceva venti anni fa.

Il trend negativo del 2022 sembra quindi continuare: nonostante il valore aggiunto del settore agricolo, forestale e della pesca sia diminuito lo scorso anno dell’1,8% in termini reali e nonostante  anche la produzione e l’occupazione siano diminuite, l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli non è stato sufficiente a compensare l’incremento dei prezzi dei beni e dei servizi impiegati nel settore agricolo, causando un saldo negativo per i produttori.

Negli ultimi anni, inoltre, si è osservata una riduzione della produzione agricola, con cali significativi in diversi comparti: per quanto riguarda i cereali, ad esempio, abbiamo perso oltre 5 milioni di tonnellate di produzione tra frumento duro, tenero e mais in vent’anni mentre si sono registrati cali significativi anche per la produzione della frutta come uva da tavola, pesche e pere.

Per quanto riguarda l’allevamento, si è assistito a una diminuzione della produzione di carne bovina e ovicaprina, mentre la produzione di carne suina e pollame è aumentata. La produzione di latte bovino è aumentata costantemente fino al 2022, mentre quella di latte ovicaprino è aumentata leggermente; al contrario la produzione di miele è diminuita nel nuovo millennio così come la produttività del settore agricolo, diminuita negli ultimi anni mentre è aumentata in altri settori dell’economia. Nonostante lo straordinario aumento delle attività connesse in agricoltura, il sostegno pubblico al settore agricolo è diminuito sia a livello nazionale che regionale. E anche questo è uno dei fattori che sta facendo arrabbiare il comparto agricolo abituato negli ultimi decenni alle generose donazioni che la stessa Pac ha elargito per il settore.

Se mettiamo insieme tutti gli aspetti, ecco emergere un quadro di insieme poco confortevole: la crisi produttiva dell’agricoltura italiana è preoccupante perché si sta riducendo il potere contrattuale delle imprese agricole. Le strategie europee e nazionali adottate finora non hanno supportato adeguatamente l’obiettivo di aumentare la produzione. L’attuazione di politiche come Farm to Fork e la riduzione dei sostegni pubblici stanno contribuendo a ulteriori cali produttivi.

Tra i settori in controtendenza, invece, ce n’è uno che potrebbe riservare ottime opportunità in futuro anche per trainare il rilancio dell’intero comparto agroalimentare che è un vessillo del nostro made in Italy: secondo gli ultimi dati statistici tra il 2022 ed il 2023 è stata registrata una importante crescita del settore della ristorazione con il valore economico dei pasti fuori casa che è passato da 83,5 miliardi di euro del 2022 a 89,6 miliardi nel 2023. In questo lasso di tempo, i ristoranti sono aumentati del 5,5%, pari a ben 6.205 nuovi esercizi mentre si contano 4mila bar in più.

E proprio questo exploit rappresenta una grande opportunità da cogliere per il settore. Ne è convinto Nicola Tavoletta, presidente nazionale di Acli Terra che interviene come ospite di Claudio Micalizio nel corso della puntata odierna di Extra: “Queste sono tutte buone notizie per l’agroalimentare italiano – spiega Tavoletta – ovviamente affiancando all’espansione di questo fenomeno una cultura ed una pedagogia alimentare sul rispetto della qualità dei prodotti e del lavoro. Per noi di Acli Terra, questa crescita è un elemento utile in direzione di un impegno serio per un investimento nazionale sulla formazione professionale nell’agroalimentare e per innovare le tecniche e le soluzioni produttive e di trasformazione. Ciò serve a stabilizzare il lavoro con continuità temporale, evitando l’instabilità professionale, che rappresenta un reale problema”.

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