Tre progetti su quattro tra quelli finanziati nell’ambito del Pnrr sono in ritardo rispetto ai tempi di esecuzione. Secondo quanto riporta l’ultimo report sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i ritardi nelle attività delle amministrazioni sono numerosi e rischiano di compromettere l’attuazione degli obiettivi nei tempi previsti dall’accordo con i vertici europei.
Il rapporto finale semestrale sullo stato di attuazione del Piano, presentato dal Governo insieme alle Regioni ed agli enti locali, è stato reso pubblico soltanto pochi giorni fa: dai dati emerge che la spesa effettuata nel 2023 è stata di 21,1 miliardi di euro, un importo leggermente inferiore a quello registrato complessivamente nei due anni precedenti, 2021 e 2022. Tuttavia, questo valore è notevolmente inferiore ai 40,9 miliardi di euro previsti ufficialmente. Complessivamente, la spesa ha raggiunto i 45,6 miliardi di euro, meno della metà rispetto agli 101,93 miliardi di euro stanziati fino ad oggi.
Stando a quanto evidenzia il dossier, i ritardi riguarderebbero in particolare gli interventi di diverse amministrazioni tanto che lo stesso presidente del consiglio ha avuto modo di sottolineare la necessità di un’accelerazione. Tra i punti critici emerge la situazione delle opere pubbliche, un settore che rappresenta oltre 168 miliardi di euro, di cui finora è stato realizzato solo l’11% secondo la Corte dei Conti. Il restante 89% degli investimenti dovrà essere concentrato tra quest’anno e i prossimi due anni, in vista della conclusione del Pnrr.
Da parte sua il Ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto, recentemente ha dichiarato che “il piano sta progredendo e che la stima sulla spesa è considerata prudente”, in quanto molti enti non hanno ancora registrato le spese effettuate sul programma Regis, predisposto per questo scopo. Il Governo esprime fiducia per le prossime fasi del Piano, ora che si è superata la fase di progettazione a gare ed è iniziata quella di realizzazione degli interventi, anche se si tratta di una sfida impegnativa. Secondo le previsioni contenute nel Documento di Economia e Finanza (Def) del 2021, alla fine del 2023 la spesa avrebbe dovuto raggiungere gli 85,9 miliardi di euro ma è stata rivista al ribasso a 77 miliardi dal Governo Draghi e successivamente a 61,5 miliardi nella successiva Nota di Aggiornamento al Def (Nadef). Tuttavia, dai dati resi noti dal Governo emerge come la spesa sia inferiore di 16 miliardi rispetto agli obiettivi prefissati.
Immancabili le polemiche politiche e le accuse di inefficienza nei confronti della politica e delle singole istituzioni coinvolte nel grande piano per la gestione dei fondi europei. In molti hanno puntato il dito contro gli enti locali, costretti a fare i conti con carenze di organico e lacune di competenze che solo in parte si è cercato di aggiustare con il via libera ad una serie di assunzioni autorizzate negli ultimi mesi. Ma la responsanbilità, ovviamente, non può essere attribuita soltanto agli amministatori di comuni e province: tra le singole amministrazioni competenti per le diverse misure del Pnrr, infatti, il Ministero delle Infrastrutture è uno dei più impegnati e vanta da spendere ancora 33,784 miliardi di euro, mentre il Ministero dell’Ambiente deve gestire 19,693 miliardi di euro.
Ma il dato più clamoroso riguarda alcune amministrazioni strategiche che avrebbero già dovuto beneficiare di questi fondi straordinari e invece sono ancora fermi al palo. E’ il caso a tratti incredibile del Ministero della Salute e del Ministero dell’Istruzione che devono ancora iniziare ad utilizzare i fondi del Pnrr: il primo ha speso finora soltanto 590 milioni di euro su 15,6 miliardi di euro e il secondo solo 59 milioni di euro.
Ma allora davvero l’Italia è in ritardo nella spesa dei fondi del Pnrr? E di chi è la responsabilità? In questa puntata di Extra, Claudio Micalizio intervista Marco Carlomagno, segretario generale di FLP (Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche), una delle più importanti realtà sindacali del pubblico impiego.