E’ scontro tra periti davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Roma sull’arma del delitto al processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la giovane di Arce uccisa nel 2001. Nel corso dell’udienza c’è stato un lungo confronto, a colpi di formule matematiche e risultati di analisi chimiche, tra i consulenti della difesa della famiglia Mottola e Rosario Casamassima, luogotenente dei carabinieri del Ris incaricato delle analisi microscopiche e chimiche sui nastri che avvolgevano il capo di Serena. Secondo l’accusa l’arma del delitto sarebbe la porta di un alloggio privato della caserma dei carabinieri di Arce. Porta contro la quale sarebbe stata spinta la ragazza e che le avrebbe provocato una lesione alla testa. Dalle analisi eseguite, come ha spiegato in aula Casamassima, i frammenti lignei trovati sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima con tracce di resina e colla sono coerenti per composizione con la porta e si sarebbero conservati intatti perché gli stessi nastri erano protetti da una busta di plastica per la spesa. Secondo i consulenti della difesa, invece, quei frammenti potrebbero invece essere finiti lì per via di una contaminazione.
Altro elemento la vernice della caldaia che si trovava nell’alloggio della caserma. «Sui nastri – ha aggiunto il militare del Ris – c’era anche un residuo di vernice».