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Anche nel Lazio siamo sempre più vecchi ma lo Stato investe poco sulla terza età – Extra – Giovedì 11 gennaio 2024

Siamo un paese di anziani e le statistiche ce lo ricordano da tempo: l’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo, in cui metà della popolazione ha più di 45 anni e dove il tasso di natalità è tra i più bassi al mondo. Ma siamo un paese in cui, nonostante tutto, si vive bene e a lungo e questo accentua il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione.

Il rapporto recentemente pubblicato dall’Istat evidenzia un marcato aumento dell’età media della popolazione nelle città metropolitane italiane e nei relativi contesti urbani. Secondo l’ Istituto Nazionale di Statistica circa il 23,4% dei residenti nelle città metropolitane ha almeno 65 anni.

Il documento rivela che l’incidenza degli anziani è più elevata nelle città del Nord, con Genova che presenta la percentuale più alta, raggiungendo il 29,1%. Al contrario, Napoli mostra la percentuale minore, con circa il 20% di anziani. Nel corso degli ultimi trent’anni, si è osservato un significativo aumento della popolazione anziana, con Cagliari che registra la maggiore crescita (+15 punti percentuali), seguita da Bari, Torino e Venezia.

Attualmente, gli anziani rappresentano oltre un terzo della popolazione italiana nelle 14 città metropolitane, con una predominanza delle donne (56,6%). La maggioranza degli over 65 vive nei comuni capoluogo, e si nota una distribuzione significativa tra la prima e la seconda cintura urbana, mentre il restante 24% risiede nella corona più esterna dell’area metropolitana. La fascia di età più numerosa tra gli anziani è compresa tra i 65 e i 74 anni.

L’aumento dell’aspettativa di vita ha contribuito al significativo incremento della popolazione dei “grandi anziani” (85 anni e più), che è quasi raddoppiata nelle città metropolitane rispetto al 1993. Le donne predominano tra i centenari, con l’82,4% del totale, e questa fascia di popolazione è cresciuta in modo consistente negli ultimi trent’anni.

Le previsioni demografiche indicano che l’invecchiamento della popolazione continuerà a crescere, con la popolazione di 65 anni e oltre che raggiungerà il 27,3% della popolazione totale nelle città metropolitane entro il 2031. Napoli è prevista mostrare il maggiore incremento percentuale di anziani (+19,5%). Il rapporto sottolinea che, al 31 dicembre 2021, ogni 1.000 abitanti delle città metropolitane ospitano 10 anziani, più della metà dei quali vive in strutture assistenziali specializzate.

Ovviamente il fatto che l’Italia sia un paese dove la popolazione tende a invecchiare è una buona notizia che conferma la qualità di vita che il paese è in grado di offire. Ma c’è un rovescio della medaglia: quanto il Belpaese è “su misura” per gli anziani e soprattutto è pronto a fronteggiare un trend che nei prossimi anni sarà sempre più mercato e richiederà di essere gestito dalle istituzioni.

Da tempo gli esperti avvertono che l’invecchiamento della popolazione rappresenta una sfida per il sistema sociale e assistenziale italiano, richiedendo un’attenzione adeguata alle esigenze di questa fascia di età. E così nel contesto dell’invecchiamento della popolazione, viene introdotto il concetto di “invecchiamento attivo” definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un processo volto a ottimizzare le opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone anziane.

L’invecchiamento attivo, che può coinvolgere varie attività sociali e personali, è considerato uno strumento di prevenzione per promuovere un invecchiamento in salute. Le politiche di invecchiamento attivo sono state promosse a livello europeo attraverso varie iniziative, e in Italia è in corso un’ambiziosa iniziativa nazionale che coinvolge diversi stakeholder per sviluppare un modello di interventi e politiche in materia di invecchiamento attivo.

Ma un ruolo importante lo giocano ovviamente le regioni alle quali compete, come noto, la gestione del sistema sanitario. E qui iniziano le differenze e i problemi perchè, come già accade da anni anche in settori non assoggettati al cosiddetto “federalismo”, non tutti gli enti locali riescono a garantire gli stessi servizi e analoghi standard qualitativi. Qual è dunque la situazione a livello nazionale e più nello specifico a livello regionale? In questa puntata di Extra, Claudio Micalizio ne parla con Guglielmo Festa, segretario regionale SPI CGIL per Roma e Lazio che pochi giorni fa ha lanciato un allarme: bisogna fare di più.

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