I più esterofili tra i cultori del genere potrebbero addirittura azzardare la riflessione che la letteratura italiana non possa competere con grandi capolavori stranieri del calibro di “Tempi difficili” di Charles Dickens, “Uomini e topi” o “Furore” di John Steinbeck oppure ancora con “La cittadella” di Cronin o il “Martin Eden” di Jack London.
Un giudizio ingiusto e decisamente sbrigativo che però alberga ancora oggi tra quanti si chiedono come mai il nostro paese non possa vantare una tradizione così roboante come altre nazioni. In realtà anche in Italia il tema del lavoro, il suo immaginario e i suoi conflitti sono stati al centro di opere che però, in passato come oggi, non hanno avuto forse la giusta considerazione da parte del mercato ma forse, ancora di più, neppure dalla critica.
Se, come spesso accade, è difficile trovare una spiegazione univoca a questa singolare anomalia, c’è chi però punta il dito contro un certo snobismo che, partendo da un pregiudizio, avrebbe favorito la ghetizzazione degli autori e delle relative opere dedicate a questi temi: per lungo tempo, infatti, tra i letterati italiani è stato diffuso il preconcetto che il vero scrittore non dovrebbe interessarsi ai temi sociali che, forse perché giudicati poco nobili o forse perché ritenuti troppo veloci nella loro mutazione, dovevano al contrario essere appannaggio soprattutto del giornalista che per definizione all’epoca era solito addentrarsi anche fisicamente nei contesti che doveva raccontrare.
Lo spazio letterario, al contrario, era considerato un ambiente se non proprio elitario, come direbbero i detrattori dai quali parte l’accusa di eccessivo snobismo, quanto meno dedicato ad argomenti meno “materiali” e decisamente più profondi, come per esempio l’esplorazione delle sfumature più nascoste della commedia umana, affrontando temi come la vita, la morte e l’assoluto.
A parte il processo storico al ruolo di letterati e intellettuali, in generale è decisamente sbagliata la sottovalutazione del settore. Negli anni, infatti, sono emersi libri che hanno posto il mondo del lavoro come sfondo sensibile e alcuni esempi fanno parte anche del patrimonio didattico di intere generazioni di studenti: si va dal “Rosso Malpelo” di Giovanni Verga ai “Ricordi di un impiegato” di Federigo Tozzi, da “La malora” di Beppe Fenoglio a “La chiave a stella” di Primo Levi fino a tanti anche più recenti che magari non sono stati citati nelle classifiche dei best sellers contemporanei ma restano comunque importanti punti di riferimento per questo genere letterario.
Un filone che, oltre a denunciare nel corso dei decenni i casi più clamorosi di anomalie e storture del mondo dell’occupazione, ha permesso anche di redigere un’analisi dettagliata di come sia cambiata la natura stessa del lavoro e la percezione che di esso hanno i lavoratori oppure di come siano profondamente anche i diritti e ancora le professioni stesse. E questo perchè c’è un elemento che accomuna un po’ tutte le opere di questo genere letterario che ha attraversato gli scaffali degli ultimi secoli: questi libri spesso rappresentano il mondo del lavoro in modo realistico e riflettono sulle dinamiche sociali ed economiche.
Esempi e citazioni non mancano, così come le analisi sociologiche e gli studi che approfondiscono il tema. Nel periodo tra gli anni ’50 e ’60, noto come la stagione della “letteratura industriale”, alcuni scrittori italiani, come Paolo Volponi, Ottiero Ottieri, Giovanni Giudici e Libero Bigiaretti, hanno affrontato il tema del lavoro in connessione con l’esperienza imprenditoriale e la concezione di “impresa responsabile”. Il romanzo “Memoriale” di Volponi, uscito nel 1962, è considerato emblematico di quel momento, con uno scontro traumatico tra corpo e fabbrica, capitale e lavoro. Altri autori di quel periodo includono Lucio Mastronardi, Luciano Bianciardi e Giovanni Testori.
Paolo Volponi, in particolare, è riconosciuto come uno degli scrittori più significativi di questa stagione. Il suo libro “Le mosche del capitale” è considerato un classico e riflette sul cambiamento del capitalismo italiano, evidenziando il prevalere dell’economia e del consumismo sulla cultura durante il boom economico. Volponi, con la sua profonda immaginazione sociologica, ha creato personaggi e immaginari che vanno oltre il realismo sociologico.
Nel corso degli anni, molti scrittori delle nuove generazioni sono tornati a raccontare la realtà attraverso reportage narrativi, affrontando temi sociali e dando voce alle storie dei lavoratori. Alcuni esempi recenti includono “Uomini e caporali” di Alessandro Leogrande, “Servi” di Marco Rovelli e “Il mondo deve sapere” di Michela Murgia.
In conclusione, sebbene la letteratura italiana abbia avuto storicamente un approccio meno focalizzato sulle tematiche sociali rispetto ad altre tradizioni letterarie, negli ultimi anni si è osservato un ritorno all’esplorazione della realtà e delle dinamiche del lavoro da parte di nuove generazioni di scrittori. Anche perché, oggi più che mai, è evidente di quanto sia importante parlare di lavoro in tutte le sue declinazioni e sfruttando tutti i linguaggi e le opportunità offerte dalla multimedialità contemporanea.
Partendo proprio da questa considerazione, a Roma è nato un vero e proprio premio letterario sul mondo del lavoro: ideato dall’Istituto di ricerche economiche, storiche e sociali del Lazio (Iress Lazio) e promosso dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e dalla Cgil di Roma e del Lazio, il contest è dedicato proprio alla memoria del celebre economista fondatore del principale sindacato italiano.
Il tema del concorso verte sul lavoro nelle sue varie manifestazioni. e il bando sarà diviso in due sezioni: una per i romanzi pubblicati da autori già affermati e l’altra per i racconti di emergenti. La pubblicazione del bando è prevista per metà gennaio, e la scadenza sarà il primo maggio, la festa dei lavoratori. Saranno assegnati due premi: uno per i romanzi dedicati al mondo del lavoro pubblicati negli ultimi due anni e uno per i racconti brevi inediti provenienti dai lavoratori. La giuria tecnica, composta da cinque esperti, selezionerà i romanzi editi e la giuria popolare determinerà il vincitore. La giuria tecnica rilascerà anche una menzione speciale.
I racconti in competizione saranno scelti tra quelli inviati dai lavoratori, con una selezione di dieci che verranno pubblicati su carta in un’edizione a tiratura limitata e online. La giuria tecnica sarà formata da cinque scrittori di rilievo nazionale, tra cui Simona Baldanzi, Filippo La Porta, Lidia Ravera, Alessandro Pera e Angela Scarparo. Per la giuria popolare saranno selezionate almeno 12 persone provenienti dal mondo del lavoro. La premiazione avrà luogo a settembre del 2024, con la presenza del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.
A questo progetto letterario innovativo e dal forte impatto sociale è dedicata l’odierna puntata di Extra: ospite di Claudio Micalizio, il giornalista e saggista Filippo La Porta spiega quanto sia importante tramande la tradizione di una letteratura dedicata al lavoro e al mondo industriale per contribuire a diffondere una cultura sempre più consapevole di tematiche così importanti per la società contemporanea e per il prossimo futuro.