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Cinzia Giorgio di “Pink Magazine Italia” a Non solo Roma – Puntata di Giovedì 9 Novembre 2023

La dignità va esibita con fierezza: donne che non si sentono abbastanza

Ospite in collegamento Cinzia Giorgio, direttrice di “Pink Magazine Italia”

La dignità è un concetto astratto? Come sempre partiamo dalle basi: secondo il dizionario Treccani la dignità è la condizione di nobiltà morale in cui una persona è posta dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, e dal rispetto che per tale condizione le è dovuto e che deve a sé stessa. Quindi amor proprio, decoro, onore, elevatezza.

Tutto chiaro. In teoria siamo tutti bravi a sfoggiare una presunta “elevatezza”, ma poi arriva l’amore, o ciò che crediamo amore, a ribaltare il tavolo.

E arrivano nella redazione di Pink Magazine Italia lettere (che riportiamo in parte e ovviamente in forma anonima) come queste: Mi dà appuntamenti poi all’ultimo disdice, sparisce per giorni poi ricompare come se niente fosse. Ovviamente ha famiglia, moglie e figli, e quella famiglia non sono io”; “Non ero tra le sue priorità, e io avrei tanto voluto lasciarlo, ma alla fine lo ha fatto lui, spezzandomi il cuore”.

La dignità è un concetto chiaramente universale. Perché si resta invischiate in relazioni sbagliate? Perché ci si ferisce di proposito? Non è solo una questione di “uomini sbagliati”. Non è perché si incontrano narcisisti patologici. No, la verità è più profonda.

Ma non siamo qui per svelare il segreto, siamo qui per capire quali meccanismi scattino nel cervello di donne intelligenti, belle e piene di vita, che le portino a scegliere un partner sbagliato. Ad accettare tradimenti, scuse improponibili, mancanza di rispetto.

Troppo spesso le donne non reagiscono non solo al tradimento, ma anche alla loro lesa dignità per paura di restare sole, di non avere alternative. Non è così, e troppo spesso a decidere di chiudere non siamo noi donne. Non va bene. L’obiezione che spesso viene rivolta a psicologi e terapisti è: io davvero non ho dove andare e cosa fare, per questo resto.

Eppure una vita prima di lui (o lei) tu l’avevi. Quindi puoi farne a meno. Ammettiamolo, a volte non si può lasciare una casa o un partner, per ragioni anche economiche. Sappiate però che il traditore potrebbe e dovrebbe pagare se si dimostra che il tradimento è la causa del divorzio. Chiedete a un qualsiasi avvocato matrimonialista (leggi qui).

Ma sappiate anche che la dignità passa attraverso la nostra indipendenza economica. Vi fa orrore? Non dovrebbe. Perché è così. Concentrarsi su di sé, rendersi economicamente indipendenti, fare cose che ci piacciono è la chiave di tutto. È la strada per recuperare la nostra dignità: c’è, non l’abbiamo perduta, ma solo trascurata.

La vita è una sola e al mattino guardandoci allo specchio dobbiamo essere sempre fiere di noi. Questa è la dignità che va esibita con fierezza: amarci.

Il vero volto di un caregiver

Una diagnosi di tumore o di qualunque altra malattia fortemente invalidante, si abbatte con la forza di uno tsunami sul paziente e sulla famiglia. Inevitabilmente, un familiare si ritroverà a prendersi cura del proprio caro malato a titolo totalmente gratuito.

È così che nasce la figura del caregiver, una persona molto spessa lontana dall’ambiente sanitario a cui viene “richiesto” di diventare infermiere, OSS, psicologo e tutore del malato.

Le mansioni di una figura come questa sono molteplici e vanno dall’assistenza diretta (lavare, vestire, cucinare), alla sorveglianza nel caso si abbia una persona obbligata a stare a letto, dalle questioni amministrative e burocratiche, all’accompagnamento a visite in centri e strutture specifiche.

Se in Europa la figura del caregiver viene considerata importante e viene supportata maggiormente, in Italia questa figura ancora non viene riconosciuta del tutto o, perlomeno non viene affiancata ad un vero e proprio supporto psicologico.

Questo perché, non è solo il malato ad avere bisogno ma anche e, soprattutto, il caregiver. Questo è il vero volto di un caregiver. Pink Magazine Italia ne ha fatto un’analisi davvero dettagliata e profonda.

Chi si trasforma in caregiver a poco a poco dimentica sé stesso perché di tempo per sé non ne ha. Chi ha la responsabilità di un malato, soprattutto oncologico, ha di fronte una montagna enorme da superare. Il caregiver non è solo chi si occupa della parte pratica e assistenziale in casa ma diventa, anche, una sorta di “psicologo” e unico punto di riferimento.

Molti vedono i caregiver come figure mitologiche dalle mille risorse, quelli che sanno sempre cosa fare e quando fare determinate cose. Ma nessuno insegna loro come farlo. Ed è qui che entra in gioco la resilienza che, come possiamo ben immaginare, non è uguale per tutti. C’è chi resiste fino alla fine e chi cede lungo il percorso.

Il più delle volte, il caregiver assiste persone che non ce la faranno e chiaramente questo provoca un dissesto psicologico importante. Per questo andrebbe seguito parallelamente con il percorso di assistenza.

Se il malato viene sconfitto dalla malattia ci sono delle implicazioni psicologiche nel caregiver. Può succedere che, all’annientamento della propria vita subentri anche un senso di colpa che porta con sé molte domande: Ho fatto quello che dovevo? Non ho fatto abbastanza? E se avessi preso decisioni diverse?

Questa figura vive la malattia insieme al malato e un po’ la fa sua. Dover accettare la morte, dipende dai casi ovviamente, comporta mettersi in discussione e avere la sensazione di aver fallito.

Per tutti questi motivi, la sanità italiana come di qualunque altro paese non può non vedere questo esercito silenzioso di persone che cercano, nei pochi modi che conoscono, di salvare i loro familiari. Accettare una sconfitta così non è semplice, ripartire non lo è altrettanto. Bisogna recuperare una quotidianità perduta e, a volte, anche dimenticata, lottare con lo stress che arriva a saldare il conto.

C’è bisogno di aiuto psicologico sin da subito, dall’inizio del percorso per imparare a gestire le emozioni, il dolore, lo stress e tutto ciò che una situazione del genere comporta.

Leggi anche: In Italia 14 mln di over 65, sempre più importante ruolo del caregiver

Ecosostenibilità e second hand: una tendenza che spopola

Capi firmati, sì o no? Vestire bene non sempre costa. Non dobbiamo per forza indossare abiti di grandi Maison per essere eleganti. Si può essere impeccabili, infatti, anche comprando gli abiti sulle bancarelle. Ma si può fare anche altro, comprare capi firmati, di alta qualità, ma di seconda mano.

Tra l’altro comprare abiti usati contribuisce davvero a diminuire la quantità di prodotti che vengono gettati nelle discariche. In fortissimo aumento a causa del fast fashion che porta ad acquisti “compulsivi”.

Il valore del mercato mondiale della moda di seconda mano si aggira intorno ai 4 miliardi di euro e solo l’Italia raccoglie intorno alle 150 mila tonnellate ogni anno di abiti usati.

Non vi parliamo di proposito di eBay, Vinted, Shpock, Wallapop e di tutti i siti che vendono usato di ogni tipo, solo perché non garantiscono l’autenticità dei capi.

Su Pink Magazine Italia tutti i riferimenti ai siti web, anche quelli meno conosciuti ma che offrono prodotti di altissima qualità.

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