Non solo Roma con Elisa Mariani – Puntata di Lunedì 10 Luglio 2023
STAGIONE ESTIVA IN MONTAGNA, SOLE E CALDO AD ALTA QUOTA: PERICOLI E MISURE PREVENTIVE
Ospite in collegamento dott. Antonio Prestini, dirigente medico dipartimento prevenzione apss Trento
Il sole in montagna è più cattivo? Sì, perchè l’intensità dei raggi solari è più intensa. I pericoli dietro l’angolo sono colpi di calore, oftalmie, scottature che possono sfociare nel lungo termine in tumori della pelle. La montagna, se affrontata nel modo corretto, è sempre fonte di benessere ed è un’esperienza salutare per corpo e mente. Ma dev’essere affrontata con consapevolezza e seguendo i consigli degli esperti, per prevenire i rischi che l’ambiente comporta. I problemi legati all’esposizione al sole, sono spesso sottovalutati. Raramente sono acuti, come nei casi di colpo di calore, disidratazione o scottatura importante, più spesso sono lievi, ma possono provocare nel lungo termine dei danni seri.
Dunque, il sole il montagna è più pericoloso? “Sì, perché l’intensità dei raggi solari, in montagna, aumenta di circa il 10 per cento ogni 1000 metri di dislivello a causa della rarefazione dell’atmosfera. – ha spiegato Prestini – Su ghiacciaio o sulla neve, i raggi sono più pericolosi perché riflettono fino all’80% degli ultravioletti amplificandone l’effetto”.
Diversi i pericoli a cui si va incontro: “Il pericolo dei raggi solari è soprattutto per la pelle e gli occhi. – ha continuato Prestini – Sulla pelle possiamo avere le classiche scottature che vanno dal semplice eritema, ossia scottature di I grado, alle vere e proprie bolle, ossia scottature di II grado. La scottatura in sé guarisce completamente, ma aver avuto ripetute scottature può costituire un fattore predisponente allo sviluppo di alcuni tumori della pelle”.
Da non sottovalutare, poi, i pericoli legati gli occhi: “I danni all’occhio sono costituiti da una vasta gamma di disturbi, che iniziano da una banale congiuntivite, fino ad arrivare a una cecità temporanea da neve – ha sottolineato ancora Prestini – ad esempio se si va su ghiacciaio senza occhiali per alcune ore. In rari casi si rischia anche la riattivazione di una cheratite herpetica nei soggetti predisposti. E’ una patologia che va curata in ambiente specialistico, che si manifesta con una forte congiuntivite che non passa, associata a disturbi della vista. Il terzo tipo di danno provocato dall’esposizione al sole senza protezione è l’herpes delle labbra.Sì, il virus si riattiva per diverse cause, i raggi ultravioletti sono un fattore scatenante.
La prevenzione deve essere molto accurata e va fatta con creme solari che devono essere di qualità, e ad alta o altissima protezione a seconda del fototipo della persona: dal fattore 50 in su. La crema va applicata prima dell’esposizione al sole, e ripetutamente ogni due o tre ore. Bisogna aver cura di applicarla su tutte le parti esposte. Per gli occhi ci vogliono occhiali da sole con paraocchi laterali, perché quelli che usiamo solitamente non danno la massima protezione; quelli da ghiacciaio sono fatti in modo da proteggere l’occhio anche dalle infiltrazioni laterali del sole, senza appannarsi.
Bisogna usare obbligatoriamente un berretto da sole, con paraorecchie per proteggere le orecchie da scottature, o con tesa larga che aiuti a tenere più in ombra tutta la faccia e il collo. Questo è evidente in alta montagna, dove la faccia è l’unica parte scoperta, ma forse non è superfluo dirlo, bisogna proteggere ogni parte del corpo: se siamo a 2500 metri, fa caldo e ci mettiamo per due ore a torso nudo al rifugio, rischiamo di ustionarci completamente.
Quando invece si rischia il colpo di calore? “La termoregolazione è un meccanismo del nostro organismo che ci permette di rimanere a 36°, più o meno 0,5°. – ha spiegato Prestini – In ogni momento della nostra vita l’organismo lavora per l’omeostasi della temperatura, ma quando non riusciamo a mantenerla, si sviluppano situazioni molto pericolose per la vita, quali l’ipotermia o l’ipertermia”.
Il colpo di calore può svilupparsi quando svolgiamo attività fisica intensa in giornate calde e particolarmente umide e non riusciamo a diminuire la temperatura del nostro corpo tramite la sudorazione, soprattutto se portiamo vestiti non traspiranti. I primi sintomi sono affaticamento, senso di sete, malessere, vertigine, ma si può arrivare a situazioni estreme come il coma. Ci si deve fermare, mettere al riparo dal sole e bere molta acqua. Attenzione a bambini ed anziani che avvertono poco i primi sintomi del colpo di calore e che più spesso sviluppano forme gravi.
“SUI PASSI DI FRANCESCO”: L’ESPERIENZA CULTURALE E SPIRITUALE NEL CUORE DELLA CAPITALE DI COOPCULTURE
Ospite in collegamento Silvia cavazzini – responsabile ufficio direzione generale CoopCulture
Una serie di appuntamenti volti a promuovere i luoghi e la spiritualità francescani nella Capitale, per un’esperienza culturale nel segno di San Francesco. Li propone CoopCulture, in collaborazione con l’Ordine francescano dei Frati Minori di Roma, da luglio a dicembre, con l’iniziativa SUI PASSI DI SAN FRANCESCO, organizzata in occasione del duplice anniversario che ricorre nel 2023: gli 800 anni dalla celebrazione del Natale a Greccio e dall’approvazione della Regola a Fonte Colombo. Sarà possibile partecipare a visite individuali o di gruppo e, contestualmente, finanziare opere e progetti di grande valore culturale e umanitario.
Tre sono i luoghi nel cuore di Roma, tra il Campidoglio e Trastevere, in cui ripercorrere, attraverso un programma di attività didattiche esperienziali, la storia dell’Ordine e dei santi francescani: la Chiesa di Santa Maria in Aracoeli, il Convento di San Bonaventura e San Francesco a Ripa. Per ogni luogo il programma prevede due momenti distinti ma complementari: una visita generale alle Chiese e ai relativi Conventi, che tiene conto delle rilevanze storiche e artistiche, anche con l’apertura di luoghi speciali solitamente chiusi al pubblico, e una parte di incontro con la comunità conventuale per approfondire il significato del pensiero francescano e l’impegno concreto in cui la comunità è coinvolta verso la società contemporanea, secondo la specificità di ciascun Istituto: per San Bonaventura la Pastorale giovanile, per San Francesco a Ripa l’assistenza ai bisognosi, per S. Maria in Aracoeli il centro di cultura.
Si partirà l’8 luglio con le visite al complesso di San Bonaventura al Palatino. Dalla chiesa, con le opere affascinanti di Giovan Battista Bernaschi, alle stazioni della Via Crucis all’incantevole giardino appartato, che offre una vista spettacolare sul Palatino, il Celio e il Colosseo. La chiesa fu realizzata nel 1675 sui resti delle antichità romane su richiesta del beato Bonaventura da Barcellona. Questo convento ebbe fin dall’origine una funzione molto particolare: proprio qui infatti fu posta la Casa madre della ‘Riformella’ dei frati minori. Un esempio di Via Crucis del Settecento, con edicole in terracotta dipinta, accompagna la salita dei pellegrini.
Altra tappa proposta è la Chiesa di Santa Maria in Aracoeli. Dall’apparizione all’imperatore Augusto della Vergine con il Bambino tra le braccia, al “Bambinello dell’Aracoeli”, una scultura del XV secolo intagliata nel legno d’olivo considerata miracolosa dai romani, alle opere d’arte che adornano la Basilica. Fin dal 1250 papa Innocenzo IV concesse al giovane Ordine francescano la proprietà del convento. Ai Francescani è dovuta la ristrutturazione che, nel Trecento, amplia e modifica l’orientamento del santuario creando il nuovo accesso scenografico con la scalinata rivolta verso Campo Marzio. I frati di San Francesco, accogliendo le istanze della municipalità, faranno di questa chiesa uno dei centri della vita politica della città.
Non poteva naturalmente mancare San Francesco a Ripa dove ancora oggi è possibile visitare l’umile cella che, secondo un’antica tradizione, avrebbe accolto Francesco, e ammirarne l’antico ritratto, opera duecentesca di Margaritone d’Arezzo. Qui è sepolta la beata Ludovica Albertoni terziaria, francescana resa famosa dall’opera di Gian Lorenzo Bernini. In una cappella adiacente a questa chiesa riposa, per volontà della vedova Isabella Far, il pittore Giorgio De Chirico.
“L’ANARCHIA DELLA CIVETTA – STORIA MISTERIOSA DI DISPERATI AMORI”: IL ROMANZO DI ANTONIA DE FRANCESCO
Ospite in collegamento Antonia De Francesco, giornalista e scrittrice
Società, giovani, lavoro, donne, maternità, libertà e amore: questi i temi portanti de “L’Anarchia della Civetta – Storia misteriosa di disperati amori” di Antonia De Francesco edito da Book a Book editore.
La storia di Nina, giornalista dalla complessa parabola esistenziale la cui storia viene sviscerata nei dettagli tra le pagine di una storia incredibile. La donna, 73enne non vedente, fa rientro dal funerale del suo primo amore dal quale ha avuto un figlio, Gabriele, e cena al ristorante dell’aeroporto dove lavora come cameriera la fidanzata di lui, Assunta. Le due non si conoscono personalmente, ma Nina sa bene chi è la ragazza e comincia a parlarle di sé. Assunta, è una tretatreenne neo-laureata in “Materie Assurdistiche” che ha da poco ottenuto dal “Colleggio dei Social Media Judges” la licenza per esercitare l’attività di “Biolinker” *. Gabriele le ha chiesto di sposarlo. La ragazza è innamoratissima, ma non è in pace con se stessa, né gli ha ancora rivelato di essere incinta. Quando Nina decide di lasciare il ristorante, Assunta non può fare a meno di seguirla, avventurandosi con lei in un viaggio in taxi dalla destinazione ignota.
“Mi interessava soprattutto mettere in risalto un tema – ha sottolineato Antonia De Francesco – e cioè quello del divario generazionale. La storia di Nina è ambientata nell’ultrafuturo, come lo chiamo io, e questa donna si trova a raccontare la sua storia ad una giovane. C’è quindi questa evidente differenza di età tra le due che potranno confrontarsi su tanti temi. Ho voluto mettere in risalto le figure femminili perché penso che, soprattutto in questo periodo, ci sia davvero necessità di mettere in risalto il loro valore e l’incredibile fatica che fanno ogni giorno”.
La vicenda ci consegna dunque una maggiore consapevolezza delle mille sfumature dell’amore e della libertà, delle quali è significativa espressione proprio il titolo del film “L’Anarchia della Civetta”: l’apparente illogicità che sottende ogni azione dei predatori. Una storia d’amore e di mistero rappresentativa del teatro degli uomini in grado di sopravvivere anche all’ultrafuturo.